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Radici della violenza sulla donna

sintesi delle relazioni di Maria Cristina Bartolomei, Paola Forti e Marina Piazza
Verbania Pallanza, 11 febbraio 1995

un contesto ostile per le donne

(Marina Piazza)
Più che di violenza parlerò di un contesto ostile per le donne.
Uomini e donne in questo periodo sono impegnati in un lavoro quotidiano di ridefinizione dei loro rispettivi comportamenti, delle loro attribuzioni di senso, dei loro rapporti di potere, sia nel mondo di lavoro che nel faccia a faccia quotidiano.
Nel corso degli ultimi 25 anni sono avvenute grandi trasformazioni oggettive delle identità delle donne:<ul> <li>È cambiata la modalità di riproduzione: bassissima natalità (1,3 figli per donna). <li>È aumentato la durata media della vita (maggior impegno per la cura degli anziani... e non ci sono più le famiglie estese). Le donne sono dei sandwich schiacciate tra la cura dei bambini e la cura degli anziani. Crescita inoltre della scolarizzazione femminile. <li>Le donne entrano in massa nel mercato di lavoro e in mansioni sempre più qualificate. <li>Si è instaurato un processo disegregativo: le donne accedono in ambienti prima tipicamente maschili (magistratura...).</ul>C'è stata poi una fortissima trasformazione della soggettività femminile. Le donne si sono assunta la responsabilità a porsi come soggetti.
Percepiscono la maternità non più come un destino ma come una scelta, come pure la vita matrimoniale.
E se definiamo l'etica come il campo della scelta si deve dire che le donne accedono al campo etico. Questo influenza la modalità e la qualità della relazione nella coppia: è sempre possibile ricontrattare i livelli di potere.
Se così è, il terreno della relazione si presenta come una terra straniera senza mappe di riferimento, sconvolgendo la divisione tradizionale tra campo della casa tutto al femminile e campo del pubblico tutto al maschile.
Le donne, entrando in terra straniera, sono costrette ad impadronirsi delle regole dell'altro (in nome della parità), ma per sovvertirle (in nome della differenza).
Non è più possibile tornare alla terra di prima e è necessaria una mappa di discussione per ridefinire i ruoli.
La relazione tra uomo e donna può ricalcare i pre-giudizi e gli stereotipi sociali. La donna, pur entrando nel mercato del lavoro, continua a dove sopportare quasi tutto il lavoro domestico senza una vera ridistribuzione, favorite dalle tecniche maschili del cattivo allievo, e dal desiderio delle donne di non abbandonare il luogo tradizionale di esercizio del potere.
Oppure la relazione uomo-donna può ricalcare la situazione trasformativa in atto. Le donne in questo caso vivono una contraddizione tra investimento nella professionalità e investimento nella sfera affettivo-familiare. Alle donne si chiede di essere buonissime madri, amanti focose e perfette in azienda. L'insuccesso in un campo viene visto come frutto di un eccessivo impegno nell'altro.
E poiché società e stato non tendono ad allargare lo spazio dei servizi sociali, la contraddizione si fa più forte.
L'ostilità si manifesta nel mantenimento di pregiudizi e stereotipi, si manifesta anche molto concretamente nel momento in cui i posti di lavoro diventano scarsi.
Molto spesso, a causa dell'ostilità, le donne si ritirano e implodono dentro di sé le contraddizioni.
Per uscire dall'implosione della contraddizione alle donne non rimane che la valorizzazione di sé, il farsi responsabili di sé oltre che dell'altro. Il problema è quello della reciprocità del riconoscimento: storicamente le donne si sono sempre attestate sulla posizione di chi dà riconoscimento senza riceverlo e gli uomini di chi lo riceve senza darlo.
Il problema riguarda anche gli uomini, che hanno sempre maggiori difficoltà di mettersi in relazione con le donne. Anche per loro non esistono mappe.

componenti psichiche del clima di ostilità e di violenza contro le donne

(Paola Forti)
Una delle difficoltà di percepire le donne - da parte di uomini e donne - è causata dalla confusione e sovrapposizione con la figura della madre, con il rischio di non essere vista per chi è lei davvero.
Il primo incontro con un altro da sé avviene con una donna, la madre, in una situazione di totale asimmetria (massima dipendenza dell'uno e capacità di soddisfazione dall'altra) e lascia una traccia indelebile. La donna è percepita come qualcosa di straordinariamente potente. Ogni volta che interviene in modo non adeguato produce frustrazioni e a volte necessariamente (svezzamento, controllo evacuazione e tabù dell'incesto). La donna è così candidata ad essere oggetto di ostilità da parte del bambino. La sfida di una buona madre è di abbassare il livello di ostilità del bambino, sfida che può essere vinta se c'è un buon supporto collettivo. Così il bambino riesce a neutralizzare l'aggressività, e, successivamente, staccatosi dalla madre, riesce a vederla in maniera relativamente oggettiva.
Questo processo non avviene mai in modo perfetto. In caso di seria non riuscita rimangono potenziali rivendicativi nel bambino da spendere nei confronti di qualunque figura femminile in seguito incontrata.
Le donne così sono in una situazione di partenza un po' svantaggiata, data la grande importanza dell'inconscio nelle relazioni tra persone.
Inoltre, nel momento edipico e nella successiva rivisitazione adolescenziale, entra in gioco la questione di genere. Se il percorso precedente non è stato positivo, gli aspetti rivendicativi del maschio riemergono in ogni relazione con donne (fidanzata, moglie, compagna di lavoro) con l'impulso a dimostrare la virilità. E stante la situazione attuale di ridefinizione di ruoli, eventuali percorsi precedenti negativi influenzeranno ancor più pesantemente la situazione, come emerge spesso nei maltrattamenti domestici.
Anche nelle forme più gravi di maltrattamento esiste spesso una forma di connivenza da parte della donna.
Anche la donna può non aver maturato bene una identità di genere attraverso la sua relazione originaria con la madre, dalla quale si sente delusa e frustrata. Questa donna rivolge nei confronti di se stessa l'ostilità contro la madre, subendo passivamente le violenze del maschio.
Spesso poi le donne pensano che saranno in grado di redimere il maschio violento a forza di generosità e oblatività. Mentre invece difficilmente l'uomo cambierà, dato che ha bisogno di avere conferme di dipendenza da parte della donna.
Le violenze patite sono molto diversificate, si va dalle violenze fisiche, al disprezzo e alla umiliazione, sino all'indifferenza (l'uso della donna come dell'aria che si respira, alla quale non si dice mai grazie perché è normale che pulisca, prepari il pranzo...).
Occorre essere consapevoli che certi comportamenti hanno origine in motivazioni inconsce, da rielaborare.
È poi molto importante l'educazione dei bambini perché percepiscano la figura materna degna di rispetto quanto quella paterna.

violenza sulle donne e orizzonte religioso

(Maria Cristina Bartolomei)
Nell'interrogarsi sul rapporto tra violenza sulle donne e orizzonte religioso occorre anzitutto aver presente, come già è stato detto, che la violenza non è solo quella estrema dello stupro ma si manifesta in molteplici gradazioni. Quale interazione tra contesto ostile e orizzonte religioso e può l'orizzonte religioso bonificare il contesto ostile?
Inoltre l'attendere dalla donna che si comporti come l'aria che si respira sta ad indicare l'invisibilizzazione della donna, punto dolente di intersezione con aspetti religiosi.
Si pensi nella tradizione cattolica alla vita monastica femminile, alle "sepolte vive": meno si vedono, più valore hanno.
Si pensi alla tradizione islamica del chador o soprattutto del burqa.
Per vedere l'influsso dell'orizzonte religioso sulla violenza esercitata sulle donne occorreva che emergesse un soggetto femminile consapevole di sé che interloquisse con l'orizzonte religioso.
La relazione tra sacro e sessualità, soprattutto nelle culture arcaiche (le donne depositarie del rapporto col sacro, con l'origine della vita), fa sorgere il bisogno di cautelarsi, ponendo una separazione netta tra potenza naturale (generare figli) e potere di giurisdizione e potere sacro. Anche il celibato cattolico (rinuncia all'esercizio della sessualità assumendo attitudini più femminili, ulteriormente rimarcate un tempo dall'abito talare) rientra in parte in questa prospettiva.
La donna inoltre, nella nostra cultura patriarcale, è guardata (non guardante) come l'altra alla quale è peculiare la funzione riproduttiva (legata alla necessità del naturale e non alla libertà del culturale).
Se poi si pensa il mondo a partire dal maschio, la donna diventa solo oggetto sessuale. Di qui lo scambio delle donne come moneta tra tribù.
L'identificazione della donna con la sessualità è stata percepita dall'orizzonte religioso per il quale la donna è il tentatore. Non si tratta solo di ritrovare qualche testo o qualche costume misogino nella tradizione religiosa, occorre invece indagare la radice e chiedersi se la religione è la chiave di volta della invisibilizzazione e dell'esclusione della donna.
C'è un sospetto. Anche nella bibbia, a proposito della relazione con Dio nel sacrificare o meno esseri umani, mentre si afferma che non rende gloria a Dio il sacrificio di Isacco, non si dice nulla per fermare il sacrificio della figlia di Jefte (Giudici 11).
È insufficiente affermare che la cultura patriarcale è nata nel neolitico, quando la forza muscolare svolgeva una funzione preponderante nell'affrontare i problemi della vita.
Per una risposta più convincente occorre anzitutto indagare quanto una religione riconosca che il soggetto umano è originariamente uomo e donna e tutti e due come soggetti progettuali e desideranti, e secondariamente come viene concepito il sacrificio (il sacrificarsi per l'altro quasi connaturale alla donna).
Nella bibbia ci sono segnali di queste catene (desidererai il tuo uomo e lui ti sottometterà). Se li si leggono come analisi della realtà non fa problema. Il problema sorge quando vengono letti in termini prescrittivi e il "partorirai nel dolore" viene utilizzato per non dare sollievo alle partorienti...
Il problema fondamentale è allora l'interpretazione del testo sacro. E il testo della bibbia è molto chiaro a proposito del soggetto che originariamente è due e che ha il dovere diritto di progettualità e responsabilità. E anche a proposito del sacrificio, proprio nel sacrificio di Cristo c'è la denuncia e il superamento radicale del dare la morte da parte del potere sacro.
C'è infine il problema del significante paterno (edipico) del massaggio biblico. Ci sono padri, figli che muoiono per placare i padri, vergini madri (massimo desiderio per ogni uomo).
Nel cristianesimo ci sono alcuni correttivi: il rapporto con il Dio (grande padre) è un rapporto adottivo, non naturale, offerto alla responsabilità; l'uccisione del figlio è dovuta non alla volontà del padre, ma alla malvagità umana e alla morte cruenta fa seguito la resurrezione e l'effusione dello Spirito.
L'effusione dello Spirito significa la liberazione della soggettualità di ognuno.
Ci sono così i criteri di autocorrezione all'interno di una storia della chiesa contrassegnata da forti negatività.
La religione cristiana è una religione dell'ascolto e quindi profondamente femminile. Inoltre il Dio uno non è né maschio né femmina: l'uomo non può pensare di autodivinizzarsi.

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