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La speranza per il credente e per l'uomo d'oggi

sintesi della relazione di Giannino Piana
Verbania Pallanza, 24-25 gennaio 1981

Non è facile vivere la speranza nel nostro tempo, eppure, da cristiani, siamo chiamati a vivere la parola di Dio che ci invita ad essere uomini di speranza.
Per questo è necessario:
1. analizzare la condizione umana, caratterizzata dal prevalere dell'istinto e della mancanza di speranza;
2. leggere la storia nella prospettiva della speranza;
3. analizzare gli stili di vita per incarnare la speranza storica, concreta, che si cala nella situazione umana.

analisi della situazione

La condizione umana è caratterizzata dalla paura, come stato di lacerazione interiore, profonda. Si manifesta nei rapporti sociali (violenza a livello personale e collettivo; si pensi al terrorismo) e nel rapporto uomini-cose (es.: paura delle scoperte scientifiche).
Siamo passati da una paura cosmico-sacrale, tipica di una civiltà contadina, dove la paura nasceva dall'esterno (con una concezione di Dio magico-sacrale che conviveva e si sovrapponeva alla concezione del Dio biblico della storia), ad una paura antropologica, annidata nel cuore dell'uomo. Le scienze umane hanno reso cosciente l'uomo dei limiti e dei condizionamenti.
L'attuale situazione è caratterizzata dalla cultura della crisi che si esprime nel recupero del personale e della soggettività, nel recupero della irrazionalità, con il ritorno del nichilismo.
Questa crisi è dovuta alla caduta di due grandi ideologie, che tentavano di dare un senso globale all'esistenza:
1. l'ideologia del progresso-sviluppo. Si dà priorità alla quantità, all'accumulazione, al fare, all'avere. Si concepisce il conoscere o il sapere come potere. Verso gli anni 60 questa ideologia entra in crisi e si fa strada l'idea di un cambiamento qualitativo della vita.
2. l'ideologia del cambio politico-rivoluzionario. Si ha fede nella rivoluzione per cambiare il sistema. Centrale è l'ideologia marxista. Questa ideologia entra in crisi a metà degli anni settanta perché la spiegazione data delle contraddizioni sociali non rende conto della complessità della situazione.
Dopo aver detto che tutto è politica ci si è accorti che la politica non è tutto, con un ritorno del soggetto che può avere anche la valenza negativa del ritorno al niente, dettata dalla paura.

valenze positive e negative della cultura della crisi

valenze negative

  • c'è un'esasperazione dei bisogni e corsa verso i desideri. Spesso si identificano bisogni soggettivi che aiutano a maturare con bisogni alienanti;
  • emerge la cultura del piacere;
  • trionfano individualismi e privatizzazioni che portano al rifiuto della politica.

valenze positive

  • il venire meno di speranze forti costituisce l'opportunità di fare spazio a speranze deboli che tengano conto della fragilità dell'uomo;
  • c'è il ritorno del problema della felicità e del senso; anche il ritorno del sacro denota, pur con valenze negative, il bisogno di dare senso alla vita dell'uomo al di là di tutte le ideologie;
  • c'è il recupero dell'identità soggettiva superando "la cultura dell'omologazione";
  • rinasce il bisogno di fare comunità, di fare festa insieme;
  • vi è maggiore consapevolezza della necessità di superare un rapporto solo di sfruttamento e di rapina nei confronti della natura;
  • C'è l'esigenza di trovare un modo nuovo di vivere il tempo, oltre l'appiattimento sul presente che trascura il passato e il futuro (crisi del tempo liturgico con il venir meno del tempo forte);

Il cambiamento qualitativo della vita richiede quindi di non fermarsi né all'ideologia del progresso né all'ideologia del cambio politico ma di incamminarsi verso una nuova cultura capace di far sintesi tra bisogni collettivi e soggettivi, tra pubblico e privato.

la prassi della speranza cristiana

La speranza cristiana si fonda su due atteggiamenti: il superamento dell'autosufficienza nella realizzazione umana e l'attesa fiduciosa del regno di Dio.
La speranza cristiana si esprime in una nuova prassi orientata dalle seguenti linee di tendenza:

passaggio dall'isolamento alla solitudine

L'isolamento esprime una dimensione negativa, mentre la solitudine ha un'accezione positiva. Spesso l'uomo, vivendo isolato, non riesce a ritrovare la propria solitudine perché ha paura a rientrare in se stesso.
Attorno a questo nucleo si può parlare anche del cosiddetto "recupero della soggettività". La solitudine è il recupero di se stesso a differenza dell'isolamento che denota lo smarrimento dell'individuo.
Oggi è pure presente, in vari modi, la paura del corpo come luogo in cui più profondamente si sperimentano i limiti della propria persona. La paura del corpo è anche il rifiuto di accettare la morte, come limite dei limiti. Il mito dell'onnipotenza finisce per frustrare l'uomo che vuole raggiungere l'irraggiungibile. Il corpo è ciò che mi situa nello spazio e nel tempo.
L'accettazione della propria unicità e irripetibilità è importante. Spesso il fallimento dei rapporti interpersonali è dovuto all'idea che i rapporti interpersonali possano raggiungere la comunione perfetta: è un'illusione. Si raggiunge invece la vicinanza che non è mai fusione ma avvicinamento reciproco.
Altro aspetto importante è quello della recettività. L'esperienza cristiana è quella del lasciarsi fare, di lasciarsi amare da Dio. La recettività è il massimo dell'attività e generalmente siamo più portati a dare del nostro agli altri più che a metterci in ascolto.
Il tema della vocazione può riassumere bene questo itinerario: è l'essere chiamati per nome da Dio. La vocazione è anche quindi un processo creativo, inteso come creazione continua. Si tratta di vivere quindi la propria vocazione come una chiamata feconda, unica e irripetibile.

passaggio dall'ostilità all'ospitalità

Rappresenta il recupero dell'identità comunitaria della persona. Il valore fondamentale diventa quello della riconciliazione. La condizione umana è connotata dal conflitto, dalla tensione e questo dato di fatto non è solamente negativo. Si tratta cioè di assumere anche quegli aspetti che sono conflittuali, cercando di far passare il conflitto dall'essere alienante all'essere liberante: è questo un aspetto essenziale della riconciliazione.
La riconciliazione richiede anche l'annuncio del perdono, cioè la capacità di amare nonostante tutto. Il perdono è la logica della giustizia dell'amore, non della giustizia del diritto (Kierkegaard). Guai se si vive la vita anche quotidiana nella logica del diritto. Il perdono non è la complicità con l'errore, ma l'accoglienza della persona. La chiesa davanti allo stato deve assumere la logica del perdono se vuole proporre qualcosa di nuovo.
È necessario ricuperare il valore dell'amore del nemico. È utile superare le barriere che portano a creare nemici: in primo luogo le ideologie. Occorre creare le condizioni per rendere possibile il vivere l'amicizia, come capacità di raggiungere il cuore dell'uomo.
Anche l'atteggiamento della povertà è importante: i poveri sono gli "incurvati", sono coscienti dell'atteggiamento di positività della loro condizione; e questo è il significato più profondo dell'espressione "poveri in spirito". È quel nuovo modo di vivere connotato dalla condivisione, dalla partecipazione e non dal possesso. Chi vuole possedere le cose è posseduto dalle stesse cose. La convivialità è la condivisione nella comunione.
La teologia della croce riassume bene questo indirizzo di vita e riconcilia il diverso: anche la sofferenza viene inglobata nella realtà. La Trinità si esprime nella reciprocità del dono, così come la comunione si realizza nel rispetto della reciprocità e nel dono completo.

dall'illusione all'attesa impegnata

Il momento storico attuale è caratterizzato, fra tante altre cose, dalle delusioni dopo gli impegni totalizzanti del politico. La droga stessa con la sua rapida diffusione può essere vista come un rifugio da queste cocenti delusioni.
Un'altra caratteristica negativa è il ripiegarsi della persona nell'individualismo, escludendo altre prospettive.
L'impegno sociale e politico deve avere due connotati: il realismo e l'apertura a vasto raggio. La capacità di entrare in questa logica implica anche che l'impegno ha pur sempre dei limiti: non deve esserci l'assillo e la smania del tutto e subito. È importante imparare a sorridere con umorismo anche del proprio impegno. In questa logica si tratta di coniugare l'impegno con il gioco, l'humour, la preghiera come gratuità. In questa linea si tratta di vivere l'attesa impegnata.
Il mistero della risurrezione implica la speranza per eccellenza: la speranza non è autoesaltazione, ma accoglienza del dono. Sperare nel nostro tempo diventa allora un segno concreto di fede.

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