Crisi finanziaria, globalizzazione, sviluppo
Vigilia di caos "sistemico" o antefatto di una ricomposizione "oikonomica"?
sintesi della relazione di Pietro Cafaro
Verbania Pallanza, 11 febbraio 2012
Aziende che chiudono i battenti, disoccupazione in crescita e lavori sempre più precari, un numero maggiore di famiglie che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e che si rivolgono agli sportelli della Caritas, giovani che hanno difficoltà a trovare lavoro e a far fruttare il titolo di studio, tagli a servizi essenziali come sanità istruzione e assistenza con ricadute particolarmente negative su chi si trova in situazioni di sofferenza, concentrazione della ricchezza in mano di pochi privilegiati con crescenti disuguaglianze tra paesi e nel paese.
La grave crisi economica e finanziaria che colpisce duramente l'Occidente e il nostro paese ci interpella tutti. Non può non disturbare le nostre coscienze di cittadini e di credenti. Non è da credenti e da cittadini stare alla finestra solo per criticare o lamentarsi della malvagità del mondo rinchiudendosi ciascuno in difesa del proprio particolare interesse nell'indifferenza o nell'ostilità verso gli altri.
Innanzitutto è necessario cercare di leggere l'attuale crisi economica, che, iniziata dalla finanza, è dilagata nell'economia reale, nella produzione di beni e di servizi, inducendo un dissesto nei bilanci di quasi tutti gli Stati. La ricerca delle cause profonde della crisi è premessa indispensabile per individuare vie di uscita.
(gcm)
La crisi
Essendo uno storico dell'economia, cercherò di esplicitare le radici della crisi che stiamo vivendo, invitandovi a rivolgere uno sguardo in profondità nel passato.
uno sguardo in profondità nel passato per comprendere il presente
Noi oggi rimproveriamo ai nostri politici, ad anche agli economisti, di avere una certa miopia nel guardare avanti, di non vedere al di là del proprio naso, di non avere una prospettiva per il futuro.
La stessa cosa però avviene anche rispetto al passato. Solo se si è allenati a guardare in profondità anche nel passato, si può pensare al futuro in una prospettiva a lungo termine. Colleghi economisti spesso, nel ricercare le radici storiche di una questione, risalgono al massimo a 20 o 30 anni fa, fino al 1980 o al 1990. In realtà le cause di determinati fenomeni risalgono a molto più lontano. Per capire l'economia di oggi e i problemi che ora stiamo affrontando, abbiamo bisogno di non essere miopi nel guardare il passato. Solo così potremo allungare i nostri sguardi nel futuro in maniera più agevole.
Le origini della crisi attuale risalgono a quasi un migliaio di anni fa
La crisi che stiamo vivendo non è nata ieri o l'altro ieri, ma viene da molto lontano. È una crisi che accompagna l'evoluzione dell'Occidente da tempo quasi immemorabile. Si è parlato in questi ultimi tempi di "tempesta perfetta" (forse ricordando un film con questo titolo di qualche anno fa). Da un punto di vista storico l'immagine è veramente calzante: rischiamo di trovarci, in breve tempo, nell'occhio del ciclone di una tempesta perfetta, cioè nel punto di convergenza di tre grandi tempeste, con un rivolgimento di grandissima portata.
La crisi più recente, di questi ultimi decenni, è quella di cui si parla normalmente, cioè quella dei subprime (ultima tempesta). Ma questa crisi si assomma ad una dinamica almeno secolare (la seconda tempesta), che porta in sé le caratteristiche di indebolimento di una fase di propulsione espansiva, che è iniziata quasi un migliaio di anni fa (prima tempesta).
Non sto parlando di trend economici, che durano 50-60 anni al massimo, ma di cicli di lunghissimo periodo.
crisi come cambiamento di direzione
La parola "crisi" deriva dal verbo greco krinein che vuol dire "discernere, cambiare direzione. La crisi indica quindi una svolta, un cambiamento di direzione dell'andamento dell'economia. Stiamo vivendo un periodo storico nel quale stanno cambiando direzione, tutte insieme, tante dinamiche che sono iniziate 30 anni fa, un centinaio di anni fa, un migliaio di anni fa: questo provoca il nostro sconcerto e il concentrarsi di problemi che non riusciamo a districare.
Le tre "tempeste"
Il soggetto della grande crisi di oggi è l'Occidente. Per Occidente, non intendo solo l'Europa, termine geografico che indica solo un piccolo continente, ma anche tutto quel mondo verso cui nel corso dei secoli gli europei si sono spostati, portandovi la propria cultura economica.
'La crisi dei subprime e dei derivati'
È l'Occidente del mondo a trovarsi di fronte a questi grandi cambiamenti, a queste grandi tempeste. Potrei cominciare parlandovi della più recente, quella dei subprime e dei derivati, di cui si tratta quotidianamente sui media. Ma se non si parlasse prima delle altre crisi, non ci si renderebbe conto che quest'ultima è l'effetto patologico di un sistema che sta disperatamente cercando di stare a galla, di fronte all'ineluttabilità di una dinamica evolutiva negativa che è davanti agli occhi di tutti.
'La fine dell'egemonia del paese guida dell'Occidente e della sua moneta'
Ma non posso partire nemmeno dalla seconda tempesta, perché anch'essa è una realtà che può essere spiegata all'interno di un panorama molto più ampio. La seconda tempesta riguarda la fine dell'egemonia del paese guida dell'Occidente e della sua moneta, cioè degli Stati Uniti d'America e del dollaro. Anche la crisi della moneta europea è un'altra faccia della stessa medaglia, in quanto fa parte di un sistema economico e politico, nato alla fine del 1800, che adesso sta esaurendosi.
'La fine della propulsione di un moto espansivo dell'economia occidentale'
Andando indietro nel tempo mi imbatto nella prima tempesta, che è forse quella più rilevante e di cui nessuno parla, quella del progressivo indebolimento della propulsione di un moto espansivo dell'economia occidentale, che ha imperato per secoli e che ora gradualmente si va esaurendo. Ciò avviene perché le modalità con cui è iniziato questo sistema non sono più capaci di mantenerlo in vita con la stessa propulsione iniziale, e le crisi successive non sono altro che il sintomo della fine della propulsione di queste dinamiche. Stiamo vivendo fine di un'epoca, anche se non sappiamo quando esattamente accadrà.
I settori dell'economia: primario, secondario e terziario
Chiediamoci, anzitutto, dove sia il punto di inizio. Molti penseranno alle rivoluzioni economiche (industriale, agricola...) che tra il 1700 e il 1800 hanno cambiato il volto dell'economia europea. In realtà tali trasformazioni, che sono avvenute a partire dal 1700 in Inghilterra e negli altri paesi europei e che poi si sono gradualmente spostate in altre parti del mondo, sono l'effetto di un grande cambiamento avvenuto molto prima. Neppure economisti come Adam Smith, mentre erano immersi in queste trasformazioni, ne percepivano pienamente la portata. Nel suo libro "La ricchezza delle nazioni", il classico per eccellenza dell'economia dell'Occidente, Smith definisce i vari settori dell'economia, chiamando "settore primario" l'agricoltura, che è quello che serve a sostentare l'uomo, "settore secondario" l'industria, che è quello della trasformazione, e "settore terziario", residuale, quello che raggruppa le rimanenti attività.
La scelta dei nomi "primario", "secondario" e "terziario" è da intendersi non in termini di tempo, ma di valore. Ad esempio, l'agricoltura viene chiamata settore primario non solo perché primo in ordine di tempo, ma anche di valore, cioè è primario in quanto trovare il nutrimento è essenziale alla sopravvivenza. Il primo problema che gli uomini hanno cercato di risolvere da quando hanno iniziato la loro avventura sulla terra è stato quello della sussistenza, quello di trovare il nutrimento per sopravvivere, per sé, per la propria famiglia, per i propri figli. La prima grande trasformazione che l'uomo ha fatto sulla terra è stata l'invenzione dell'agricoltura, del "primario".
il capitalismo
Nei libri di scuola leggiamo - e lo constatiamo nella realtà - che i paesi che si sono industrializzati sono quelli che si sono evoluti maggiormente.
rovesciamento dei settori in Occidente...
Ad un uomo come Smith, questo doveva sembrare un assurdo, e tale dovrebbe sembrare anche a noi: come è possibile pensare che al primo posto ci debba essere la trasformazione di beni, e non la risoluzione dei problemi di sussistenza? Come è possibile pensare che tutto ciò che è residuale, cioè il terziario (es. la finanza), che dovrebbe solo servire a dare maggiore respiro al secondario, diventi più importante di tutto il resto? Come è possibile pensare che un'eresia come questa, che lo scompaginamento delle gerarchie di valori, possa dare a un popolo la ricchezza, e la possibilità di superare gli altri popoli, facendo la fortuna dell'Occidente? È un assurdo, che però nella storia si è effettivamente concretizzato.
... causato dal capitalismo
Per capire come mai questo assurdo abbia potuto realizzarsi, dobbiamo andare alla radice (in latino "caput", principio, origine) della prima grande trasformazione. Anche il termine che utilizziamo per indicare il modo di produrre dell'Occidente, cioè il capitalismo, deriva dal termine latino "caput", nel significato di testa, ossia di ciò che è fondamentale per l'esistenza di una persona. Il capitalismo è, nella mente di chi ha inventato questa parola, il "caput", il centro del sistema economico. E lo è in quanto riesce a trasformare il sistema economico grazie ad una accumulazione e ad una veloce allocazione di beni, che permetterà di realizzare quell'operazione "eretica", di spostare il secondario, e successivamente anche il terziario, al primo posto, e di far scivolare l'agricoltura (l'alimentazione) al terzo.
il capitalismo è all'origine della creazione di ricchezza per l'Occidente
La nascita del capitalismo è all'origine della dinamica propulsiva che ha permesso all'Occidente di crescere più velocemente rispetto agli altri paesi, di diventare ricco, con modalità che altre parti del mondo non hanno conosciuto.
Questo è avvenuto anche grazie alla capacità di una parte dell'economia (la finanza), che serviva solo in maniera residuale alla costruzione del sistema economico, di diventare una cosa a sé stante, in grado di creare di per sé ricchezza ed essere la chiave del successo.
il ruolo della finanza, lubrificante dell'economia
Che cos'è il capitalismo se non questo? È l'economia che rende una propria parte, la finanza, autonoma e quindi capace di diventare il motore del sistema stesso. Questo è possibile se c'è un accantonamento di risorse. Evidentemente, se le risorse prodotte vengono tutte consumate o tesaurizzate (cioè messe da parte), non si può creare niente di nuovo. Se le risorse prodotte vengono consumate solo in parte, e quelle che non consumate e non tesaurizzate, vengono invece investite, questo crea nuova ricchezza e nuova capacità di investimenti, e il sistema economico può andare avanti in modo più agevole. Per fare questo, c'è bisogno della finanza, definita il "lubrificante dell'economia". La finanza dovrebbe servire a rendere più facile l'allocazione delle risorse, nel modo più veloce ed efficiente possibile. Questo lubrificante dell'economia, però, gradualmente, riesce a fare più di quello che gli è richiesto, e comincia a diventare anche uno strumento che crea di per sé ricchezza.
il prestito a interesse e le distorsioni della finanza
Ricorderete senz'altro il divieto del prestito dietro interesse fatto valere dalla Chiesa cattolica nell'epoca medioevale. A lungo si discusse se fosse lecito o meno prestare del denaro chiedendo un interesse. San Tommaso, riprendendo Aristotele, sostiene che "pecunia non parit pecuniam", cioè dal denaro non si può creare denaro. Invece il mio nonno diceva: "danè fen danè" (i soldi fanno i soldi): un concetto esattamente opposto!
Quindi il denaro non dovrebbe di per sé crear denaro: la finanza, essendo l'ancella dell'economia, dovrebbe servire a rendere l'economia più efficiente. E che sia stata una buona ancella lo dimostra il successo del capitalismo con le sue rivoluzioni economiche. Però se la finanza diventa di per sé strumento di arricchimento, si possono creare delle distorsioni del sistema economico stesso. Tali distorsioni, che nel breve periodo non vengono notate, a mano a mano che la propulsione iniziale del sistema economico tende costantemente a scendere, seguendo l'andamento di una parabola, finiscono per essere ritenute lo strumento più facile per cercare di rallentare la caduta di tale propulsione iniziale.
il capitale chez autres e chez soi di Braudel
Questo fenomeno è descritto molto bene da Fernand Braudel. Nei suoi ultimi scritti, Braudel dice che quando il capitale opera "chez autres" (a casa d'altri), cioè dentro il sistema economico, è come il lievito: rende veramente più efficiente il sistema, dandogli modo, attraverso gli strumenti finanziari, di allocare le risorse velocemente da una parte all'altra, così che possano essere prestate ad altri soggetti, che le utilizzano nel sistema economico, creando un dinamismo che altrimenti non ci sarebbe. Ma se il capitale finisce per operare "chez soi" (cioè per sé, a casa sua), crea distorsioni perché il primo pensiero di chi sposta le risorse è quello di procurarsi ricchezza, senza considerare lo sviluppo economico d'insieme.
Lo stravolgimento del sistema economico causato dalla finanza lo abbiamo davanti agli occhi, e sta arrivando al redde rationem. Le vicende recenti dei subprime, dei titoli tossici, degli spread sui titoli di stato, sono l'esempio ultimo di queste dinamiche da fine impero.
Si tratta di una realtà già insita nel sistema economico sano, nato con la rivoluzione industriale: senza quella possibilità di veloce accumulazione, trasformazione, trasferimento, investimento di risorse creata dalla finanza, non ci sarebbero state le rivoluzioni economiche (industriale e agricola), lo sviluppo delle banche, ecc. Quindi c'è stato un dinamismo positivo che ha inizialmente favorito una grande crescita, con il contraltare delle distorsioni a cui ho accennato.
la trappola di Malthus
Il sistema economico dell'età preindustriale in Europa, come i sistemi economici e sociali di tutto il resto del mondo (alcuni di questi ancora oggi), hanno avuto il grosso problema di non saper uscire dal circolo vizioso di un sistema di trappole, come quella descritta da Thomas Robert Malthus. Secondo Malthus, tutte le volte che aumentano le risorse in un determinato ambiente, la popolazione tende ad aumentare. Nel giro di poco tempo, però, essendo l'aumento della popolazione esponenziale (o geometrico), l'effetto positivo dell'aumento delle risorse (che è invece lineare ovvero aritmetico) viene annullato. Il sistema occidentale nell'età preindustriale vive dentro questa trappola. Ci sono momenti nei quali la popolazione cresce, seguiti da periodi segnati da una veloce decrescita (a volte in modo drammatico, per pestilenze, guerre, carestie, a volte in maniera meno traumatica, con il rinvio di matrimoni per mancanza di risorse per mantenere i figli, o con l'aumento della mortalità infantile dovuta a carenze di alimentazione e di cure, ecc.). Quando la torta (le risorse prodotte) è insufficiente e le fette diventano troppo piccole, i più deboli vengono allontanati dalla tavola. È quanto avviene ancora oggi in molte parti del mondo, come nel corno d'Africa.
Malthus, di fronte alla prolungata crescita della popolazione in Inghilterra alla fine del '700 , riteneva che nel giro di breve tempo, necessariamente, si sarebbe verificata una tremenda catastrofe umanitaria. Non era in grado di comprendere che i cambiamenti che stavano avvenendo nel sistema economico avevano mutato totalmente la situazione. La teoria della trappola di Malthus era stata superata grazie alle rivoluzioni economiche che si erano attuate in Occidente, ossia all'industrializzazione, che aveva portato il settore secondario al primo posto, e alla modernizzazione dell'agricoltura, che era riuscita a mantenere livelli di produttività tali da sostentare tutta la popolazione. Anche la curva della natalità ad un certo punto, per vari motivi, si era attenuata. Si viene così a creare un equilibrio che è rimasto inalterato fino ai nostri giorni.
motivi del superamento della trappola di Malthus
Dobbiamo però chiederci se è solo per motivi endogeni, autoctoni, che il sistema economico europeo ha permesso all'Occidente di diventare ricco e di mantenere questa ricchezza per moltissimo tempo, distanziando sempre più gli altri popoli, anzi permettendo ad altri di imitare il modo di produzione occidentale.
La crescita e l'arricchimento non sono avvenute solo per fenomeni autoctoni. Sono avvenute anche grazie alla strumentazione finanziaria sempre più sofisticata, che ha permesso di drenare risorse da altre parti del mondo, e grazie allo spostamento di persone e risorse verso altre parti del mondo, soprattutto verso le Americhe (dove molti europei emigrano, coltivano nuove terre vergini, migliorano le tecniche agricole...). Siamo di fronte ad un sistema che vede gradualmente, nel tempo, una parte del mondo crescere in ricchezza e in estensione, a spese di altre parti, man mano meno estese, che diventano sempre più povere.
La trappola di Malthus, da noi, che siamo numericamente una minoranza, è stata superata, mentre la maggior parte del mondo si ritrova con una trappola ancora più micidiale.
il modello esplicativo di Wallerstein: le economie-mondo
C'è un modello esplicativo molto interessante del fenomeno della globalizzazione, descritto qualche anno fa da un autore americano di origine tedesca, Immanuel Wallerstein. Secondo questo autore, le economie locali, gradualmente, si modificano nel tempo, sino a trasformarsi in una economia mondiale. Wallerstein, e poi Braudel, descrivono molto bene come avviene il fenomeno di crescita e di evoluzione dell'economia: sul nostro pianeta ci sono delle economie-mondo, cioè delle realtà economiche che sono piccoli mondi chiusi, isole economiche. Lo spazio di questi mondi è gerarchizzato: c'è un centro, un corpo e una periferia. Il centro esiste perché c'è la periferia, e c'è una periferia perché c'è un centro. In termini economici, questo significa che la parte più sviluppata (centro) è tale perché c'è una parte meno sviluppata alla periferia che apporta elementi di sviluppo al centro.
Però, ammoniscono Wallerstein e Braudel, le economie-mondo non sono immutabili, ma nel tempo tendono a fondersi, per l'evoluzione dei sistemi economici, dei sistemi dei trasporti, della finanza soprattutto. Come le gocce che cadono su una superficie impermeabile e che vengono a trovarsi vicine l'una all'altra, le economie-mondo si fondono, creando economie-mondo sempre più grandi, fino a quando si arriverà ad un'economia mondiale.
l'Europa, da centro diventa periferia
Ma, ammoniscono ancora Braudel e Wallerstein, ci sono momenti nei quali un'economia che si trovava al centro viene spinta in periferia, a causa delle fusioni con altre economie-mondo e del conseguente spostamento del centro. Di questi mutamenti dell'epicentro, ne abbiamo visti tanti nella storia. Uno di questi è proprio quello avvenuto alla fine del 1800, quando l'economia-mondo precedentemente più forte, quella europea, ad un certo punto si connette sempre più con l'altra economia-mondo, diventata progressivamente sempre più autonoma, quella degli Stati Uniti d'America. In seguito a questa fusione, il centro si sposta da Londra e Parigi a New York. L'Europa, da allora, diventa periferia rispetto alla forte economia USA.
Questo passaggio è stato una sorta di nemesi storica per gli europei: una colonia è diventata più importante dell'originario centro di propulsione dell'economia. Attraverso gli stessi strumenti finanziari a suo tempo messi in atto dall'Europa, l'ex colonia è riuscita ad ottenere un'egemonia che è giunta fino ai giorni nostri e che solo ora incomincia a vacillare (seconda tempesta).
Le posizioni non sono mantenibili per un tempo lunghissimo. Anzi, oggi, tutto è accelerato, le variazioni sono sempre più veloci, e gli interventi fatti con gli strumenti finanziari per rallentare la tendenza al declino, possono avere a volte l'effetto opposto.
Le successive tempeste sono l'esempio dei tentativi di frenare la fase discendente della parabola della spinta propulsiva del sistema economico attuale, che però è ineluttabile. E questa ineluttabilità ci spinge a cercare modi di vita diversi, magari antichi, o magari totalmente nuovi.
la mano invisibile del mercato
Ho cercato di mostrare come la crisi attuale non sia nata adesso, ma sia la fase finale di un sistema che arranca. Nell'economia precedente, non capitalistica, le comunità, le famiglie, i rapporti personali avevano una maggiore importanza nel risolvere e soddisfare i bisogni. Il capitalismo ha delegato i rapporti personali al mercato. Oggi persino Tremonti si mette a criticare il mercatismo.
Certamente il rapporto che è venuto a crearsi dopo la grande trasformazione operata dal capitalismo sembrava che avesse superato alcuni problemi, come quello di chiedersi che cosa è lecito/giusto o non lecito/non giusto in economia. L'etica sembra espulsa dalla economia. Il rapporto personale si risolve in qualcosa di impersonale, in qualcosa che viene delegato, attraverso la finanza, al mercato. Adam Smith chiamerà mano invisibile questo principio. Dietro l'economia c'è una mano invisibile, cioè il mercato, in cui ognuno persegue i propri interessi, prescindendo da ciò che è giusto o è ingiusto. Tutto procede e si regola secondo le leggi del mercato.
È una prospettiva radicalmente nuova. Adam Smith in "La ricchezza delle nazioni" spiega questa nuova logica con un famoso esempio: Quando vado dal salumiere a chiedere del salame, il salumiere non me lo dà perché sono affamato o perché è generoso, ma perché do qualcosa in cambio. Il salumiere fa il proprio interesse. E io vado dal salumiere non per fargli un piacere, ma per fare il mio interesse, quello di soddisfare un bisogno che ho. Dai due interessi che si incrociano nasce la norma, nasce il mercato, la mano invisibile che muove tutto.
La logica del capitalismo, la sua spinta propulsiva, attuatasi prima in Occidente e poi estesasi gradualmente ad altre parti del mondo sembra trionfare senza ostacoli ovunque. Oggi però incominciano a nascere problemi che fanno sorgere più di un dubbio sulla bontà e sulla ragionevolezza del sistema. A dire il vero già più di un secolo fa le persone più avvertite intuivano i problemi a cui saremmo andati incontro.
dalla "Borsa" di Genova
Ecco un testo tratto da un giornale:
"Si può dire che negli ultimi tempi furono liquidate le posizioni false create da una serie di errori, inganni e illusioni. Si scontavano in Europa le bricconerie dei politicanti d'America, si sentivano in Italia i riflessi sinistri della mala amministrazione altrui. Se limitiamo l'osservazione alle condizioni dell'Italia c'è da piangere a confrontare i prezzi dei valori dei titoli quali sono quotati oggi con le quotazioni dello stesso giorno di un anno fa o ancora peggio di due anni fa. Sarà il futuro più fortunato? Dobbiamo sperare che sia così. Occorre che la fiducia riprenda gradatamente il suo corso così che le quotazioni diventino mano a mano migliori. Se un buon raccolto permetterà di sanare qualche piaga, di accumulare qualche risparmio, i capitali diffidenti e sospettosi cominceranno a stancarsi di collocamenti sicuri come sono i conti correnti, ma infruttiferi e la bufera permetterà di distinguere meglio gli organismi sani da quelli malati".
E poi, più avanti:
"La stessa speculazione edilizia e la crisi che ne è scaturita, che è stata il grave punto di partenza del nostro malessere economico, una volta assestata, potrà forse risolversi a ridare lavoro a migliaia di operai e impiego a molti capitali. Poiché i capitali non mancano in Italia in quella misura che si crede. Non è da credersi che i proprietari del denaro siano affatto insensibili alle attrattive di un interesse un po' più alto. Con tutto ciò non vogliamo dire che in pochi mesi si ritornerà alle rosee condizioni di qualche anno fa. No. Al di là dell'oceano la crisi non ha ancora raggiunto il suo limite estremo. Converrà aspettare una catastrofe prima che il mercato possa dirsi sanato"
Non è un testo scritto in questi giorni, non riguarda l'attuale crisi dei titoli di stato, dei subprime. È stato scritto il 3 gennaio 1892, sul giornale "La Borsa" di Genova.
La seconda tempesta che oggi volge al termine (l'egemonia americana e del dollaro) già un secolo fa agli uomini più avvertiti faceva capire la necessità di cambiare rotta, stimolava a pensare che il mercato non risolvesse proprio tutto e che fossero necessarie altri modi di fare economia.
il secolo lungo e la crisi (seconda tempesta)
A differenza di quanto si sostiene in un famoso libro dello storico britannico Hobsbawm "Il Secolo Breve", secondo cui il '900 inizia con la rivoluzione d'ottobre nel 1917 e finisce con il crollo del muro di Berlino nel 1992, io sono convinto invece che il '900 sia uno dei secoli più lunghi della nostra storia, almeno secondo la prospettiva di uno storico dell'economia. Inizia prima del '900, con l'affacciarsi dell'egemonia statunitense, e sta terminando solo ora.
gli Stati Uniti da drenati a drenanti
Sul finire dell''800 assistiamo ad una crisi inattesa. In Europa c'è una crisi in senso negativo, c'è il crollo dei prezzi, soprattutto dei prodotti agricoli, che stravolge tutte le prospettive di sviluppo attese dai governati dell'Europa e dell'Italia. Al contrario, negli Stati Uniti c'è un momento di grande espansione. Dopo la guerra di secessione vengono messe a coltura grandi estensioni di terreno, su terre date gratuitamente agli agricoltori. La frontiera si sposta sempre più verso occidente. Nel giro di poco tempo gli Stati Uniti si trovano ad essere uno dei maggiori produttori di grano. La merce, facilmente deperibile, per poter essere commercializzata fuori dagli Stati Uniti, deve essere trasportata velocemente verso est, nella Nuova Inghilterra ed essere imbarcata per l'Europa. Ed è proprio la finanza europea, alla ricerca di nuove fonti di guadagno, ad investire nelle ferrovie degli Stati Uniti d'America. Enormi quantità di denaro valicano l'Oceano per essere investite nelle ferrovie degli Stati Uniti d'America. L'America è la patria della ricchezza, con alta redditività rispetto all'Europa, per il minor costo della manodopera. La navigazione dell'oceano diventa sempre più veloce grazia all'invenzione della propulsione ad elica. L'importazione del grano da parte dell'Europa è ulteriormente incentivata dalle difficoltà createsi nell'agricoltura in seguito all'eruzione del vulcano Krakatoa nel 1883 che riempie l'atmosfera di un fine pulviscolo. Grandi quantità di grano invadono l'Europa a costi bassissimi, mettendo in ginocchio l'agricoltura del continente e in particolare quella italiana, che molto aveva scommesso e investito sulla coltivazione di cereali anche con la costruzione, dopo l'unità, del canale Villoresi e del canale Cavour per estendere le aree irrigabili e coltivabili. Le prospettive dell'Italia di diventare un paese grande produttore di cereali e grande importatore di manufatti vanno in fumo.
Gli Stati Uniti da colonia in qualche modo sfruttata diventano il paese protagonista, che attira i capitali europei. Dopo il grano, arriveranno anche i manufatti dell'industria americana. L'economia-mondo europea e l'economia-mondo-americana si fondono sempre più, ma il centro si sposta oltreoceano.
il dollaro da moneta signata (extra columnas) a moneta-oro
La sterlina conta sempre meno a vantaggio del dollaro: gli Stati Uniti diventano una potenza finanziaria e anche militare. Nel 1913 viene creata la Federal Reserve con un'unica moneta per tutti gli Stati della confederazione americana, eliminando le diversità tra i vari dollari allora esistenti tra gli stati. Il dollaro diventa sempre più la moneta dominante e di riferimento. Anche in questo caso abbiamo un cambiamento di situazione. Il dollaro rappresentato da un S con due righe verticali ad indicare le colonne d'Ercole fuori dalle quali viveva, come segno del suo stato di inferiorità, diventa la moneta egemone. Inizia il secolo americano. Dopo la prima guerra mondiale c'è un'egemonia fortissima degli Stati Uniti, mentre l'esperienza europea dell'unione monetaria latina (Italia, Francia, Svizzera) si sfalda. L'Europa si ritrova con tante monete diverse e si cercheranno soluzioni nuove. Con gli accordi di Bretton-Woods si adotterà il dollaro come moneta di riferimento. Il sistema economico mondiale si è retto sino ad oggi sull'egemonia sempre maggiore del dollaro, degli Stati Uniti e dell'Occidente.
La volontà di creare negli anni 70-80 una unione monetaria europea rispondeva alla necessità di appoggiare il dollaro nella funzione di moneta mondiale, al fine di poter sostenere il ruolo dell'Occidente ai vertici del sistema economico mondiale, con tutti i pro e i contro che questo comporta.
Oggi questo mondo sta finendo. Già alla fine dell''800 qualcuno riteneva che questo tipo di economia capitalistica non poteva reggere.
Sta finendo oggi l'egemonia secolare degli Stati Uniti. Tra Stati Uniti e Cina (e paesi emergenti) si sta verificando un fenomeno analogo a quello avvenuto tra Europa e Stati Uniti a livello di trasferimenti di beni, di moneta, di ricchezza. La Cina infatti è diventata una potenza economia finanziaria e militare.
la crisi dei subprime (terza tempesta)
L'ultima tempesta irrompe sulla scena mondiale durante gli anni '90 con la crisi di alcuni paesi emergenti, come il Brasile, il Messico, l'Argentina, ecc. fino ad arrivare alla recentissima crisi dei subprime, con la creazione di bolle speculative legate ad un certo modo di incentivare l'edilizia popolare per muovere artificiosamente l'economia. Quando la crisi giunge ad intaccare il settore edilizio vuol dire che si è toccato il fondo, che si è in grandi difficoltà. La sofisticata strumentazione finanziaria ha finito per fare cose assurde, come quella di concedere prestiti a coloro che si sapeva che non avrebbero potuto pagarli, di trasformare i prestiti in titoli ad alto rendimento, titoli a loro volta venduti in forma di altri titoli a rendimenti sempre maggiori e così via sino alla crisi attuale, con il crollo delle due banche americane non salvate e con le ripercussioni nel nostro continente e nel mondo. La crisi, che qualche anno fa sembrava solo finanziaria, sta intaccando l'economia. Sono le avvisaglie della fine della spinta propulsiva sorta con il capitalismo.
gli esiti possibili
C'è stato chi, come il premio Nobel Francis Fukuyama, ha parlato di fine della storia. Ilia Prigogine, premio Nobel per la fisica recentemente scomparso, applicando alla storia il principio dell'entropia, ritiene che non sia possibile come mondo mantenere una crescita come quella che abbiamo conosciuto senza andare incontro a forti rischi di caos sistemico. Se un sistema per autoealimentarsi ha la necessità di creare continuamente nuovi bisogni, la cui soddisfazione richiede di dover drenare risorse dall'esterno, inevitabilmente va incontro a situazioni insostenibili e alla sua dissoluzione.
Non è possibile non tener conto del fatto che per reggere questo modo di produrre si devono drenare risorse dall'esterno con la conseguenza che ci sono parti del mondo che sempre più si impoveriscono. Addirittura si è giunti ad utilizzare beni alimentari per far muovere le macchine produttive. È il caso dei biocarburanti. Si giunge all'assurdo di alzare il prezzo del grano perché c'è bisogno di carburante.
Si chiarisce così il senso del titolo dato all'incontro: "crisi finanziaria, globalizzazione, sviluppo". Si tratta di realtà legate perché la globalizzazione rende più acuta la crisi finanziaria e rende più difficile lo sviluppo.
altre strade sono possibili
Quali vie di uscita? "Vigilia di caos sistemico, o antefatto di una ricomposizione 'oikonomica'?"
È possibile certamente rallentare l'aggravarsi della crisi, drenando in modo migliore le risorse dal resto del mondo e allocando, con nuove strumentazioni finanziarie, le risorse il più velocemente possibile. Ma si tratta solo di un rallentamento di una strada che comunque conduce al caos sistemico. È vero che il caos sistemico potrebbe favorire qualcosa di nuovo, una nuova spinta propulsiva come è avvenuto con la nascita del capitalismo. La storia è fatta di momenti di crescita e di decrescita, anche se la nostra generazione ha interiorizzato la logica del progresso continuo, che fa sì che ci si senta oggi angosciati per il fatto di non poter garantire ai nostri figli opportunità migliori o almeno simili alle nostre. Quindi può essere che si sia iniziato un momento di regresso che porterà al caos sistemico, dopo il quale nascerà qualcosa di nuovo.
È possibile e opportuno però, andando alla radice dei problemi, percorrere altre strade, come già persone particolarmente avvertite alla fine dell''800 suggerivano (Von Ketteler, Toniolo e altri), verso un sistema economico più vivibile per tutti gli uomini, verso una economia nuova, una "oikonomia".
verso una nuova economia: oikonomia
Il termine "economia" deriva da due parole greche: "oikos", cioè casa o ancor meglio le persone che vivono nella casa, vale a dire la famiglia, e "nomia", la regola che rende possibile il vivere armonicamente nella casa. L'oikonomia in un certo senso si oppone al termine "politica", che rinvia non solo a "polis" (città), ma anche a polemos, cioè a guerra, a antagonismo, a rivalità per risolvere i problemi. Aristotele, che analizza questi concetti, propone l'ideale della "koinonia", della comunità più ampia, la civitas dei latini. Ora, la comunità rinvia a scambi tra persone non riducibili alla logica del mercato, della mano invisibile che risolve tutto.
lo scambio asimmetrico
La logica del mercato, dello scambio simmetrico, che si basa sul perseguimento dell'interesse individuale, è incompatibile con la logica del volontariato, della cooperazione, del non profit.
Quando alla fine dell''800 si discuteva delle cooperative, sul carattere che dovessero avere, c'era chi sosteneva che la cooperazione deve anzitutto tenere in considerazione i bisogni della comunità e deve poi basarsi anche sullo scambio asimmetrico che può fare da volàno di successivi meccanismi fondati sul "dono gratuito". È il dare senza aspettarsi di avere qualcosa di equivalente in cambio.
Caritas e gerarchia dei fattori produttivi
La parola "scambio asimmetrico" è conosciuta da tempo dal mondo cristiano con il termine di "caritas". Il motto dello stemma del vescovo di Magonza von Ketteler, tratto da san Paolo, è: "caritas in veritate", che bisognerebbe tradurre: "mi faccio verità nel darti qualcosa". Divento portatore di verità nel darti qualcosa, in modo gratuito senza attendere nulla in cambio.
Bisogna introdurre nello scambio economico qualcosa di più dello scambio simmetrico, bisogna aggiungere lo scambio asimmetrico e ritornare all'antico equilibrio nella gerarchia dei fattori produttivi, rimettendo al primo posto il primario, l'agricoltura, perché il bisogno di sopravvivenza di tutti, a livello mondiale, sia soddisfatto, e perché a tutti sia consentito di uscire dalla trappola di Malthus. Non esistono ricette, ma credo che la strada sia quella che apre allo scambio asimmetrico, alla gratuità.
In conclusione: o il caos sistemico o un'economia a misura d'uomo.
riassunto
Da storico dell'economia cerco di capire le radici dell'attuale crisi che non è nata né ieri né l'altro ieri, ma viene da molto lontano, esito di dinamiche iniziate vent'anni fa, cent'anni fa, secoli fa. Rischiamo di trovarci in poco tempo nel punto di convergenza di tre grandi tempeste (l'attuale crisi dei subprime, la fine dell'egemonia del dollaro e degli Stati Uniti, il venire meno della capacità propulsiva del capitalismo), che possono causare un rivolgimento di enorme portata.
L'attuale crisi dei subprime o dei derivati è l'effetto malato di altre crisi precedenti. La fine dell'egemonia del dollaro e degli Stati Uniti, paese guida dell'Occidente nell'ultimo secolo, è legata al venir meno della capacità propulsiva del capitalismo, nato in Europa poco dopo il primo millennio. Il capitalismo è stato originato dal prevalere del settore secondario - industria - e terziario - servizi - a scapito del primario, l'agricoltura. Il primario, l'agricoltura che assicura l'alimentazione, dunque la sopravvivenza, è stato progressivamente emarginato. Un assurdo, ma è ciò che è avvenuto.
Certo, l'aver messo il secondario al primo posto ha consentito all'Occidente di avere livelli di arricchimento sconosciuti ad altri paesi e in altri tempi e, con la mediazione della finanza, di effettuare investimenti in altre attività servendosi delle risorse precedentemente accumulate. Gradualmente però la finanza ha fatto più di quanto le era richiesto - avere funzione ancillare rispetto all'economia reale - ed è diventata essa stessa uno strumento, in realtà illusorio, che crea ricchezza, determinando però distorsioni del sistema economico. Lo stravolgimento economico operato dalla finanza è ad un tempo causa ed effetto della crisi che stiamo vivendo.
È vero che senza l'accumulazione di risorse che poi sono state trasformate dalla finanza in beni che possono essere investiti a loro volta per produrre altri beni, non ci sarebbe stata la rivoluzione industriale. Ma questo dinamismo, che ha inizialmente determinato una grande crescita, ha anche causato la crisi di oggi che è la fase finale di un sistema che ormai arranca, anche perché ha delegato i rapporti personali a quelli impersonali del mercato.
Il sistema economico europeo dell'età preindustriale, come i sistemi economici non industriali del resto del mondo, si era trovato di fronte a un dato inquietante: una crescita più veloce, geometrica, della popolazione e una crescita più lenta, aritmetica, delle risorse, la cosiddetta trappola di Malthus. Tutte le volte che le risorse aumentano in un certo ambiente la popolazione cresce, ma la crescita della popolazione annulla l'effetto positivo dell'aumento delle risorse, e quindi si rende necessaria una diminuzione della popolazione, a volte in modo catastrofico (carestie, pestilenze, guerre) a volte meno (contenimento nascite...).
L'Occidente è sfuggito alla trappola di Malthus, a differenza di altre aree, grazie alle rivoluzioni economiche che hanno messo al primo posto l'industrializzazione e risolto i problemi dell'agricoltura e con l'attenuazione della curva della natalità. L'equilibrio è così rimasto sino ai nostri giorni.
Ma i grandi cambiamenti avvenuti in Europa non derivano solo da fattori autoctoni ma anche dall'aver drenato risorse da altre parti del mondo, dall'aver occupato altre terre, a partire dalle Americhe. La crescita di una parte del mondo è avvenuta a scapito di un'altra parte che è diventata sempre più povera. Oggi stiamo toccando il fondo. La crisi non è solo finanziaria, ma sta ormai intaccando l'economia reale. Se un sistema per autoalimentarsi necessita, come è avvenuto in Occidente, di creare in continuazione bisogni, e per creare questi bisogni gli serve di appropriarsi di risorse che vengono da fuori, inevitabilmente giunge ad un punto di rottura. Non è possibile cioè pensare di risolvere i problemi del mondo industrializzato, drenando risorse dall'esterno, senza tener conto del progressivo impoverimento di parti del mondo. Addirittura si giunge ad usare beni alimentari, come i cereali, per far muovere le macchine produttive (biocarburanti).
L'attuale situazione di crisi può essere l'occasione propizia per creare un sistema economico più vivibile per tutti gli uomini, una "oikonomia", già prefigurata alla fine dell'800 dal vescovo di Magonza von Ketteler.
Gli scambi tra persone non sono riducibili alla logica del mercato. La logica del mercato, dello scambio simmetrico, si basa sul perseguimento dell'interesse individuale. Oltre allo scambio simmetrico, c'è lo scambio asimmetrico, fatto di dare senza nulla ricevere, volàno di successivi sviluppi fondati sul dono gratuito, sul volontariato, sulla cooperazione, sul non profit.
La parola "scambio asimmetrico" è conosciuta da tempo dal mondo cristiano con il termine di "caritas". Il motto dello stemma di von Ketteler, tratto da san Paolo, è: "caritas in veritate", che si potrebbe tradurre con: "mi faccio verità nel darti qualcosa".
Occorre introdurre nello scambio economico qualcosa di diverso e di migliore dello scambio simmetrico, e sostituirlo con lo scambio asimmetrico, ritornare all'antico equilibrio nella gerarchia dei fattori produttivi, rimettendo al primo posto il primario, che garantisce la sopravvivenza di tutti. La scelta è tra il caos sistemico e un'economia a misura d'uomo.
Quali cammini intraprendere per uscire dall'attuale impasse? E' possibile e opportuno rallentare l'aggravarsi della crisi, ma questa strada non può evitare il caos sistemico che non ha solo un risvolto negativo, perché può essere l'occasione di una nuova epoca della storia.
La crisi attuale può essere l'occasione propizia per creare un sistema economico più vivibile per tutti gli uomini, appunto una "oikonomia", che rende possibile il vivere armonicamente nella famiglia, nella casa e nella comunità, tutti fattori che rinviano a scambi tra persone non riducibili alla logica del mercato falsamente sufficiente. La logica del mercato ignora che vi sono, e sempre più vi saranno, difficoltà affrontabili solo con la logica del "dono gratuito" che sola può consentire l'istituzione di un'economia a misura d'uomo.