Incontri di "Fine Settimana"

chi siamo

relatori

don G. Giacomini

programma incontri
2018/2019

corso biblico
2023/2024

incontri anni precedenti
(archivio sintesi)

pubblicazioni

per sorridere

collegamenti

rassegna stampa

preghiere dei fedeli

ricordo di G. Barbaglio

album fotografico

come contattarci

Aspetto storico della penitenza (2)

sintesi della relazione di Mario Perotti
Verbania Pallanza, 19 febbraio 1971

Penitenza tariffata
Nella Chiesa, lungo i secoli, vi è sempre stata la proclamazione evangelica del perdono dei peccati, tuttavia le modalità che ha assunto nel tempo sono state molto diverse. Abbiamo esaminato l'evoluzione di queste forme nei primi sei secoli dell'era cristiana, ora vediamo l'ulteriore sviluppo.

a) Cenni storici sulle origini
È difficile stabilire quando appare questo nuovo tipo di penitenza. Una prima testimonianza si trova in un canone del Concilio di Toledo del 589, dove si accenna ad un nuovo modo di amministrare la penitenza. I vescovi della Gallia e della Spagna, riuniti in quel concilio, condannano questo nuovo tipo di penitenza, che consiste nel chiedere la riconciliazione ogni volta che si pecca, e ristabiliscono l'uso della penitenza canonica..
Nel concilio di Chalon-sur-Saône tra il 647-653 si sostiene invece che, la penitenza, medicina dell'anima molto utile agli uomini, sia data a tutti i penitenti, ogni volta che abbiano fatto la confessione.
A distanza quindi di circa settant'anni vediamo recepite le disposizioni degli innovatori contro quelle dei conservatori di Toledo.
Nel sec VII appare dunque in Europa questo nuovo modo di riconciliazione, proveniente dall'Irlanda, dove era invalso l'uso di confessare le proprie colpe anche gravi ad un semplice presbitero e non più al vescovo; dal presbitero si riceveva una pena e si veniva assolti dopo averla espiata. Sembra che l'origine di questo uso risalga alla direzione spirituale dei monaci d'Oriente, i quali erano tenuti ad accusare le proprie mancanze nei confronti della regola monastica al proprio fratello, detto "spirituale", ed in seguito all'abate; così si purificavano e si fortificavano contro le proprie debolezze. Ritenevano questa penitenza efficace nell'espiazione di quei peccati.
L'Irlanda venne evangelizzata dai monaci che si stabilirono nei villaggi, tra la popolazione celtica che non conosceva le città. La vita religiosa dei cristiani dipendeva quindi dall'abate. Vi erano anche alcuni vescovi, per l'amministrazione di alcuni sacramenti, ma erano alle dipendenze degli abati.
Sembra che in Irlanda non si sia introdotta la penitenza canonica anche in conseguenza delle condizioni socio politiche, diverse da quelle del continente.
Ogni monastero aveva un libro con le punizioni per ogni mancanza dei monaci. I monaci, che erano anche guide spirituali dei cristiani, stabiliscono pure per essi delle "tariffe di espiazione" per i vari peccati. Il sistema ebbe poi grande diffusione in Irlanda. Queste tariffe sono dette penitenze ed i libri che contengono la casistica delle trasgressioni con le rispettive punizioni sono detti "libri penitenziali".
Teodoro di Tarso (690- 740), monaco fuggito dalla Siria per l'invasione degli Arabi e mandato dal papa (come vescovo) in Inghilterra, nota come pure in Inghilterra sia sconosciuto l'uso della penitenza canonica.
I monaci missionari che dall'Irlanda e dalla Icaria verranno in Europa introdurranno anche nel continente questo tipo di penitenza.

b) Confronto penitenza canonica-penitenza tariffata
La penitenza canonica era amministrata dal vescovo in comunità ben strutturate; ora, un prete o un monaco, raramente un laico, possono amministrare la penitenza tariffata. La canonica era pubblica, alla presenza di tutta la comunità; questa nuova forma è privata, individuale. La prima si dava una volta sola o comportava interdetti che vigevano per tutta la vita. La seconda si da ogni volta che viene richiesta e non comporta interdetti, e, al contrario dell'altra, può essere data anche ai chierici.
Il terreno alla penitenza tariffata era stato preparato dagli stessi vescovi, che avevano insegnato come fosse buona cosa fare penitenza personale, quando non si volevano accettare gli obblighi così gravosi della penitenza canonica.
L'originalità sta nella tassazione precisa per ogni colpa. I peccati non corrispondono più alle categorie paoline o a quelle successive dei padri.
La gerarchia delle colpe è più o meno questa: al primo posto i peccati sessuali, poi i furti di beni della chiesa, assassini, giuramenti falsi, ed anche prescrizioni alimentari ed igieniche. La penitenza corrispondente ad ogni singolo peccato consiste per lo più in elemosina, ma soprattutto in giorni di digiuno più o meno austero, tanto che in questo tempo spesso "far penitenza" non significava altro che "digiunare".
Il peccatore si accostava alla confessione e si accusava dettagliatamente dei propri peccati; in base ad essi riceveva dal confessore delle tariffe corrispondenti, che doveva espiare prima di poter ricevere l'assoluzione. Compiuta la penitenza, tornava dal confessore e veniva definitivamente assolto.
Questa penitenza tariffata comporta una specie di scambio, un "do ut des". Si riceve dopo aver pagato determinate tariffe. Evidentemente un tale meccanismo può comportare dei disguidi nelle coscienze, in quanto si poteva tranquillamente pensare di peccare, bastando poi per ottenere l'assoluzione soddisfare alle tariffe. Ebbe molta diffusione nelle nostre regioni, non solo a causa della decadenza della penitenza canonica, ma anche per il senso di sicurezza che essa comportava, potendosi ottenere l'assoluzione ogni volta che si peccava.

c) Secolo VIII - IX : la restaurazione carolingia
Al tempo di Carlo Magno un gruppo di ecclesiastici impegnati tra cui Crodegango di Metz (+766), Remigio di Rouen (+771, 3) Alcuino (753-804), 4) Rabano Mauro (780-856), cercò di restaurare la vita cristiana, e di migliorarla attraverso varie iniziative non sempre coronate da successo, nel campo della liturgia, della teologia e della spiritualità, soprattutto tentò di recuperare la severità delle penitenza canonica. Questo gruppo avvertiva come non c'era nulla di più estraneo alla prassi della chiesa antica della penitenza tariffata.
Nei Concili di Chalon-sur-Saône del 813 e di Parigi del 829, i riformatori si rivolgono allo stesso potere politico perché intervenga a proibire l'uso dei libri penitenziali, definiti libretti pieni di errori, e a restaurare l'antico uso.
Il tentativo non riesce e si giunge a un compromesso: per un peccato grave ma nascosto ci si sottopone alla penitenza tariffata detta anche privata, per un peccato grave e pubblico ci si sottopone invece alla penitenza canonica, che da questo periodo sarà detta pubblica. Questa penitenza assume il carattere di pena coercitiva, in cui interviene anche il potere politico perché il penitente si sottometta alla pena.

Penitenza auricolare
La penitenza come la pratichiamo oggi, viene introdotta nel XII secolo come evoluzione della penitenza tariffata, con cui per alcuni aspetti ancora è imparentata: è ripetibile; tutti vi hanno accesso; è privata; si fa al presbitero. Vi sono però delle differenze: nella penitenza tariffata, l'assoluzione avviene solo dopo l'espiazione, che poteva essere anche molto lunga e penosa;. l'accusa della colpa non aveva l'importanza che ha oggi in quanto era solo un mezzo per stabilire la penitenza. La cosa più importante era l'espiazione della pena.
I motivi della crisi della penitenza tariffata sono molteplici. Anzitutto sommando le varie tariffe, consistenti in mesi o anni di digiuno, si giungeva facilmente a totalizzare penitenze che potevano eccedere la durata media di una vita umana. Queste tariffe diventavano poi sempre più pesanti ed eccessive in una società violenta come quella di allora ed in cui certi peccati erano all'ordine del giorno. Per ovviare si istituirono delle liste di equivalenza, in base alle quali un peccatore poteva riscattare una pena con un'opera più breve, per es. commutare un anno di digiuno con altre penitenze meno prolungate nel tempo, ma più dure (3.000 colpi di flagello, o 12 volte 3 giorni di digiuno completo, oppure recitar 3 salteri). Oltre alle commutazioni ci sono le redenzioni: ad es. si possono riscattare 3 anni di digiuno pagando 60 soldi - oro, o attraverso le messe.
La pratica di far celebrare delle messe per espiare le penitenze determinò una importante evoluzione nella chiesa.
Fino a questo momento la grande maggioranza dei monaci era costituita da laici, ma la nuova esigenza di celebrare messe per la penitenza spinse ad ordinare un sempre maggior numero di monaci.
Per i ricchi inoltre è possibile usufruire del riscatto per mezzo di terzi, che dietro pagamento, si sobbarcano il peso della penitenza.
È chiaro che tutto ciò faceva perdere di contenuto e d'interesse l'espiazione tariffata e spostava l'attenzione sull'accusa dei peccati, che verrà vista sempre più come il centro della penitenza. Attraverso l'accusa il peccatore si umilia dinnanzi al creatore ed espia così i suoi peccati. Si darà l'assoluzione subito dopo l'accusa, senza più aspettare l'espiazione della pena.
Da questo tempo "confessione" indica tutto l'insieme dell'atto penitenziale, come ai nostri giorni.
Ci si confessa dunque, e ciò costituisce già una espiazione. La lettera anonima ad una religiosa, sulla vera e falsa penitenza (sec. XII°) e Pietro Cantore (+1197) giustificano questo procedimento.
In mancanza di un presbitero, il peccatore si confessa anche ad un amico, ad un compagno di viaggio, o se è solo, a ciò che ha di caro, alla sua spada, al suo cavallo. Naturalmente vi è qui una tendenza a magicizzare la confessione, tendenza molto forte in questo tempo.
Nel Basso Medio Evo si ha una penitenza tripartita:
Pubblica e solenne: riservata al vescovo, si celebra durante la quaresima e si dà solo per certi peccati gravi e pubblici particolarmente scandalosi; si può ottenere solo una volta in vita;
Pubblica non solenne: è il pellegrinaggio penitenziale, che può essere imposto dal parroco che consegna al pellegrino bisaccia e bastone davanti alla porta della chiesa. È riservato ai peccati gravi meno scandalosi o ai peccati pubblici e scandalosi del clero. I pellegrini di solito erano criminali, che spesso rimanevano tali anche nei pellegrinaggi;
Privata sacramentale: (tariffata poi auricolare) per i peccati occulti e può essere concessa più volte.
Dal 1260-61 i flagellanti sostituirono i pellegrini.
In seguito i papi si riserveranno l'assoluzione di alcuni peccati e si elaborerà la dottrina e la prassi delle indulgenze (Gregorio VII). Anche la formula, prima deprecativa, si evolve nella formula indicativa attuale: "io ti assolvo..." (1195 - 1200).
L'assoluzione veniva data in chiesa dal ministro seduto su di una sedia davanti all'altare; dal Concilio di Trento fu prescritta la sedia chiusa che nel XVII secolo divenne l'attuale confessionale, il mobile in uso ancora nella chiesa.
Il concilio Latenerense IV del 1215 prescrive la confessione annuale dal proprio parroco ad ogni cristiano colpevole di peccato mortale.

Penitenza ed eucarestia
Per quanto riguarda l'eucarestia secondo alcuni testi non è necessaria la confessione antecedente dei peccati anche gravi; le preghiere che accompagnano l'eucarestia esprimono la convinzione che la partecipazione alla mensa eucaristica rimette i peccati; dal secolo X in poi vi è prima della messa, nella liturgia romana, la confessione generale.
Altri testi invece esigono la confessione dei peccati gravi prima della messa. Ligier ha dimostrato come nell'Oriente cristiano vi sia sempre stata la convinzione che l'Eucarestia rimette tutti i peccati, tranne i quattro grandi: crimini, apostasia, adulterio, omicidio.

Riflessione della scolastica
La riflessione della scolastica fu condizionata dalla prassi della penitenza auricolare e dalla nozione di segno, inteso come azione che significa e che contiene o produce la grazia.
La grande preoccupazione era quella di stabilire il valore dell'accusa dei peccati e dell'assoluzione e quale degli atti facesse parte della essenza del segno.
Per gli scolastici del XII secolo, il fattore che ottiene realmente il perdono dei peccati è l'impegno del penitente per convertirsi; il segno che egli ha accettato la grazia sono gli atti del penitente, come l'accusa e l'espiazione. L'assoluzione del presbitero ha solo valore dichiarativo e costata il perdono di Dio. Secondo alcuni autori ha valore di riconciliazione alla chiesa.
Nel secolo XIII si scoprono tutte le opere di Aristotele e vengono applicate le categorie aristoteliche, allora diffusissime, di materia e forma ai sacramenti.
Per S.Tommaso i peccati sono quasi materia della confessione. Egli fondandosi sulle parole di Gesù in Mt 16-18 e Gv 20 sostiene che l'assoluzione ha una vera efficacia e costituisce il segno sacramentale come quasi-forma; però come la materia e la forma non possono esistere separati, così per la confessione valida, sono necessari entrambi i gesti.
La contrizione perfetta rimette all'istante i peccati, ma tende sempre al sacramento, lo esige per se stessa. Per Duns Scoto invece l'unico segno sacramentale è l'assoluzione del prete. Per Scoto sono due le vie per il perdono: o la contrizione perfetta o l'assoluzione. Per S. Tommaso invece c'è una sola via, in quanto la contrizione esige sempre la confessione, e viceversa.

Concilio di Trento
Per comprendere quanto il concilio afferma è necessario avere presente la dottrina dei Riformatori.
Per Lutero la penitenza auricolare non è sacramento, l'unico sacramento è la scrittura; però è un segno sacramentale, perché suscita la fede, cioè la certezza della salvezza che viene unicamente da Dio. Segno sacro dunque; ma non sacramento; essa è un richiamo del giudizio di salvezza del Battesimo.
Lutero ha testi bellissimi sull'utilità di accostarsi alla penitenza privata, anche se non la considera obbligatoria.
Solo la parola di Dio produce l'effetto dell'assoluzione: guai a confidare nelle opere del peccatore.
La parola predicata agisce e suscita la contrizione e il desiderio delle buone opere, e per mezzo della parola il peccatore si converte.
Per Calvino la penitenza non è assolutamente un sacramento; è solamente la predicazione di ciò che è avvenuto nel Battesimo, è un ricordo del Battesimo.
Il Concilio di Trento ha trattato della confessione in diversi momenti, sopratutto nella sessione XIV conclusa il 25 novembre 1551. I padri conciliari avevano preso in esame 14 proposizioni, che intendevano riassumere il pensiero dei riformatori, anche se non sempre lo rispecchiavano fedelmente. L'interpretazione del concilio è piuttosto difficile.
Si sono oggi proposti alcuni criteri:
- il concilio non vuole esaurire l'argomento, ma vuole ribattere solo le affermazioni dei riformatori non ortodosse. È un concilio di identità cattolica e non di unificazione: se c'è qualcosa di comune non viene ricordato;
- "anathema sit" è la formula di scomunica usata nei canoni di Trento non sempre per ragioni dommatiche, ma anche per ragioni disciplinari e di fatto. Quindi per stabilire se una dottrina è definita non basta considerare i canoni, ma bisogna risalire all'intenzione dei padri consiliari.

definizioni del tridentino
Il concilio afferma i seguenti punti come emerge dal dibattito degli atti e da altri elementi documentati.
La penitenza è un vero e proprio sacramento istituito da Gesù Cristo.(Denzinger-Schönmetzer, 170I)
Gli atti richiesti per ottenere il perdono sono la contrizione, la confessione e la soddisfazione (D.-S.,1704).
Il canone 7 afferma che "di diritto divino" è necessaria la confessione di tutti i singoli peccati mortali secondo il numero, la specie e le circostanze che cambiano la specie (D.-S., 1707).
Il concilio distingue i peccati mortali dai veniali opponendo gli uni agli altri: mortali sono quei peccati meno frequenti con cui si è esclusi dalla grazia e dall'amicizia con Dio (D.-S., 1680).
Z. Alszeghy sostiene come nel concilio non si specifichi ulteriormente quali siano gli atti, per cui si diventa nemici di Dio. C'era già allora la convinzione che non vi può essere peccato mortale se non dove vi è materia grave, piena avvertenza e deliberato consenso. Troppo spesso però si è fatto leva solo sulla materia grave, dimenticando l'aspetto personale implicato nel peccato: ma tale visuale non può certo fondarsi sul concilio di Trento. D'altronde il peccato mortale trasformando l'uomo da amico in nemico di Dio, comporta una mutazione profonda dell'anima, come avviene anche nella conversione; ora questa mutazione profonda della persona non si può trovare in un atto, ma solo in una opzione di fondo che si specifica in vari atti, attraverso cui l'uomo polarizza la propria vita contro Dio.
Il peccato mortale, per essere commesso, esige un vero impegno; perciò la grande maggioranza dei fedeli praticanti potrebbe essere assolta in una celebrazione comunitaria della penitenza, perché non si trova in stato di peccato mortale.
Cfr. Z. ALSZEGHY, Problemi dogmatici della celebrazione penitenziale comunitaria, in" GREGORIANUM", 48 (1967), pp. 577-587.

confessione generale e tridentino
Dare alla confessione generale un valore veramente sacramentale è contrario al Tridentino? Bisogna giudicare tenendo presente il contesto storico: il concilio aveva di fronte a sé la confessione auricolare ed intendeva parlare di essa senza porsi il problema se siano possibili e validi altri tipi di penitenza sacramentale. Alcuni teologi affermano che le osservazioni di Trento valgono solo per la confessione auricolare; altri insistono nel dire che i Padri sostengono la necessità di confessare tutti i singoli i peccati gravi come verità rivelata da Dio.
Però questo obbligo non è assoluto, e in casi gravi e particolari si può dare l'assoluzione in forma generale. Alszeghy propone di dare valore sacramentale alla confessione generale della messa, con l'obbligo di confessare entro l'anno i propri peccati ad un singolo presbitero.
Ma il ministro, secondo il concilio di Trento, deve essere sempre a conoscenza dei singoli peccati per assolvere? Certo, nel canone 9 sul sacramento della penitenza il ministro è designato come giudice; però il concetto di giudice di quel tempo non includeva soltanto gli atti giudiziali propriamente detti, ma anche atti amministrativi e del potere esecutivo.
Solo dopo la rivoluzione francese si farà la distinzione fra quegli atti; quindi il concetto di giudizio del Tridentino non pregiudica affatto l'assoluzione comunitaria.

Trento e l'eucarestia
Nella sessione XIII (1551) del concilio di Trento pochi erano i padri che ritenevano-necessaria la confessione prima di accostarsi all'eucarestia per chi era conscio di peccato mortale. È solo una prassi della chiesa occidentale quella di confessare tutti i peccati prima della messa. A Trento si riafferma sotto pena di scomunica tale prassi esistente, purché ci siano confessori disponibili. Il prete che si trova nella necessità di celebrare senza potersi confessare, dovrà sottoporsi alla confessione quanto prima.
Nella sessione XXII (1562) si afferma che quando ci si accosta al sacrificio della messa con fede, timore e riverenza, contriti e penitenti, "il Signore concedendo la grazia e il dono della penitenza perdona i peccati e le colpe, anche le più gravi" (D.-S. 1743).
Per Trento quindi la confessione prima dell'eucarestia è un mezzo di preparazione anche se di per sé la partecipazione degna all'eucarestia rimette i peccati.
Dopo Trento la teologia controversista sistematizza in modo chiuso e definitivo ciò che il concilio aveva detto solo per precisare alcune questioni senza pretese di esaurire l'argomento.
Si svilupperà pure un tipo di direzione spirituale particolareggiata dove si deve esternare tutto al confessore, pensieri, sentimenti, passioni, ecc. il che condurrà ad un individualismo sempre più esasperato, che ha fatto perdere per troppo tempo alcuni valori essenziali ed irrinunciabili della al sacramento della penitenza.

Conclusione
La Chiesa predica la conversione profonda, ed ogni persona nella chiesa deve continuamente vivere ed approfondire la propria conversione. Ogni rifiuto volontario, anche occulto, è una scissione reale da Dio e dalla Chiesa. I peccati mortali indicano una difformità completa, e la chiesa scomunica in questo caso non solo per difendersi, ma anche per aiutare il colpevole a prendere coscienza del suo stato, invocando ancora per lui il perdono di Dio. Nell'antichità l'atto del recupero era la penitenza canonica, atto in cui il carattere comunitario è evidente, è quasi un mezzo catecumenato di reintegrazione, ed è una azione di lode a Dio per la sua misericordia.
La penitenza tariffata sottolinea l'espiazione, ma favorisce l'individualismo, che continua anche nella penitenza auricolare. L'unico segno che si è in rotta anche con la comunità è la scomunica dall'eucarestia.
Sono questi i modi con cui è giunta a noi la lieta notizia che il perdono di Dio è sempre possibile.
Oggi c'è una crisi della penitenza auricolare: ogni comunità ecclesiale l'avverte. Occorre uno sforzo di tutta la chiesa per la ricerca di forme più autentiche di celebrazione di questo sacramento.
Occorre una risposta più cosciente ed impegnata alla chiamata di Dio in questo momento della storia, occorre una fede più profonda che sappia cogliere in sintesi le dimensioni personali, ecclesiali e storico sociali dell'incontro degli uomini con Dio, che per primo ci chiama nella storia, che è storia di salvezza.
Solo la fede può farci comprendere il peccato nel suo significato profondo e nelle sue manifestazioni odierne (ogni comunità può avere i 'suoi peccati'); solo la fede apre ad un cammino di conversione continua; solo la fede ci può portare a forme di solidarietà comunitaria, in cui la lotta al peccato è impegno reciproco degli uni verso gli altri, riconoscendo l'amore rinnovatore del Signore che ci vuole suo popolo. Così si potranno superare i pericoli del formalismo, del giuridicismo, dell'individualismo, dell'inefficacia per la vita reale, che vengono oggi denunciati.

Appunto bibliografico
La trattazione è stata condotta con una certa sommarietà come richiedeva l'economia di una conversazione, ristretta nel tempo e tesa a sottolineare le svolte principali.
Si presenta qui una bibliografia minima, che, oltre ad indicare alcune opere su cui si sostiene il discorso svolto, può offrire materiale per più approfondite riflessioni.
A. - per la penitenza nella Chiesa antica:
testi presentati:
C. VOGEL, Il peccatore e la penitenza nella chiesa antica, Torino 1967;.
H. KARPP, La penitence, Neuchâtel 1970, (l'A. è protestante).
Studi:
B. POSCHMANN, La penitence et l'onction des malades, coll. "Histoire des dogmes", Parigi 1966, pp. 15-107.
A. BERTOLINI, Penitenza: aspetto storico - liturgico, appunti pro manoscritto, St. S. Giustina, Padova, anno 1970 - 71.
K. RAHNER, La penitenza della chiesa, Roma 1964, Parte II.
I. RAMOS-REGIDOR, La riconciliazione nella chiesa primitiva: prospettive per la teologia o pastorale oggi in "Concilium", 1971, n. 1, pp. 104 -119.
R. LORIA, La penitenza nei secoli, in "La penitenza: dottrina, Storia, catechesi e pastorale", Quad. di Past. Lit. n.9, Torino 1969, pp. 176 - 225.
B. - Per la penitenza nel Medioevo:
testi: .
C. VOGEL, Il peccato e la penitenza nel Medioevo, Torino 1970.
Studi:
B. POSCHMANN, op. cit., pp. 109 - 168.
A. NOCENT, La riconciliazione dei penitenti nella chiesa del VI e X secolo, in "La penitenza ecc." citata, pp. 226 - 240.
P. ANCIAUX, La Theologie de sacrement de la pénitence au XII siecle, Lovanio 1949.
C. - Sul Concilio di Trento:
B. POSCHMANN, op. cit., pp. 171 - 181.
D.M. MANZELLI, La confessione dei seccati nella dottrina penitenziale del Trento, Centro studi Ecumenici, Sotto il Monte Bergamo 1966.
Z. ALSZEGHY - M. FLICK, La dottrina Tridentina sulla necessità della confessione, in "Magistero e Morale", III congresso dei Teologi moralisti, Bologna 1970, pp. 101 - 192.
H. JEDIN, La nécessité de la confession de Trente, in "La Maison Dieu", 104 (1970) n. 4, pp.88-115.
D. - Per le posizioni protestanti:
M. THURIAN, La confessione, trad. ital., Roma 1967, pp. 153 - 186.
E. - Per gli orientali
L. LIGIER, Il sacramento della penitenza secondo la tradizione orientale, in "La penitenza" cit. pp. 145 -175.
F. - Sui rapporti Penitenza - Eucarestia:
J.M. TILLARD, Penitente et Eucharistie, in "La Maison-Dieu", 90 (1967), pp. 103 - 131.
IDEM, Il pane ed il calice della riconciliazione, in "Concilium" 1971, I° pp. 57 - 76,
G. - Sui problemi odierni:
Z. ALSZEGHY, Problemi dogmatici della celebrazione penitenziale comunitaria, in "Gregorianum" 48 (1967) pp. 577 - 587.
J. RAMOS - REGIDOR, Il sacramento della penitenza, Torino 1971.
Spunti Vari:
in "Concilium" 1971, n. 1
Notevole il documento di magistero episcopale, su PENITENZA e CONFESSIONE, a cura dei Vescovi svizzeri uscito nei primi mesi del 1971 e tradotto in italiano da ed. Esperienze, Fossano e ed. Dehoniane, Bologna.

Login

Valid XHTML 1.0 Transitional Valid CSS!