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Centralità della carità nella vita di coppia e nella relazione coniugalesintesi della relazione di Giannino PianaVerbania Pallanza, 13 gennaio 2007 Dopo l'intervento di carattere sociologico, che ha messo in luce i mutamenti intervenuti nell'ambito della coppia e della famiglia, dovuti alle profonde trasformazioni sociali e culturali di questi anni, a loro volta segnate dai nuovi modi di vivere i rapporti di coppia e di famiglia, si tratta ora di affrontare il tema dal punto di vista etico.
1. Centralità della carità nell'esperienza cristiana: alcuni orientamenti di fondoIl primato della carità, nell'ambito dell'etica, è emerso con insistenza nella riflessione sulla morale elaborata durante e dopo il concilio. Ma già prima, per superare la situazione di frammentarietà dovuta ad una casistica sempre più impersonale, una esasperata attenzione ai casi, alcuni autori, pionieri della riforma conciliare, avevano tentato di individuare un principio orientativo, come la categoria di alleanza, di conversione, di Regno di Dio. La morale presentataci dal Nuovo Testamento è proprio centrata sulla conversione, strettamente connessa al tema del Regno: "Il Regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al vangelo". Tra i vari autori, Gérard Gilleman (Il primato della carità in teologia morale, 1952) e Fritz Tillmann, affermano che il principio unificatore di tutta la vita morale non può che essere la carità.
Il comandamento dell'amore nella rivelazione del Nuovo Testamentoin continuità con l'Antico TestamentoIl tema della carità non appartiene solo al Nuovo Testamento, ma ricorre già nella tradizione ebraica. amore di DioIn Deuteronomio 6,5, nel contesto dell'alleanza sinaitica, troviamo la formula ripresa da Gesù per rispondere ai farisei che lo interpellavano circa il comandamento centrale: "Ama il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente". Già nell'Antico Testamento questa formula aveva una rilevanza talmente grande da costituire il cuore dello Shema, il credo ebraico, la professione di fede che il buon israelita recitava al mattino e alla sera. amore del prossimoIn Levitico 19,18 troviamo la formula: "Amerai il tuo prossimo come te stesso". E' la seconda parte dell'unico grande comandamento così come ce lo ripropone direttamente Gesù nell'incontro/confronto con i farisei. centralità del comandamento dell'amoreNel periodo successivo all'esilio, la legge occupa nella coscienza di Israele un ruolo centrale. Ne nasce tutta una letteratura, una spiritualità della legge, che trova una significativa espressione nel salmo 119, ma che degenera poi nel fariseismo: la vita morale è frantumata in una serie infinita di norme e disposizioni, che fanno nascere nella coscienza di Israele, pochi decenni prima della venuta di Gesù Cristo, l'esigenza di ritrovare un principio unitario.
la novità di GesùIl comandamento dell'amore a Dio e al prossimo è quindi già presente nell'Antico Testamento con una sua centralità. La novità di Gesù può essere rilevata in tre elementi costitutivi. 1. unione indissolubile di amore di Dio e del prossimoIl primo aspetto di novità è l'unione indissolubile dell'amore di Dio e dell'amore del prossimo: proprio perché indissolubilmente uniti i due comandamenti diventano un comandamento solo.
2. tutta la legge è ricondotta all'unico comandamentoUn secondo dato importante dell'interpretazione nuova del comandamento è la riconduzione di tutta la legge e i profeti a questo unico comandamento (Matteo 22, 34-40). L'opera di Gesù è un'opera unitaria, che si sforza di agire contro la dispersione avvenuta in Israele grazie alla enorme diffusione della casistica (la sola legge del Sabato conteneva settantasette prescrizioni...) e riconducendo la legge all'essenza, a ciò che è davvero importante, al comandamento nuovo, chiave di lettura di tutta la legge e i profeti. Se il centro è il precetto della carità, tutto il resto diventa secondario: i vari precetti della legge antica non vengono aboliti, ma vanno riletti nell'ottica del comandamento nuovo. 3. estensione universalistica: amare tutti, anche i nemiciNell'ultima delle antitesi del discorso della montagna si afferma: "E' stato detto dagli antichi: amate i vostri amici e odiate i vostri nemici. Ma io vi dico..." (Mt 5, 43). Il popolo ebraico aveva vissuto vicissitudini molto difficili di rapporto con i popoli vicini, a motivo soprattutto della volontà di conservare la propria identità nazionale e religiosa. L'ebreo così aveva un rapporto privilegiato con i correligionari e connazionali e stentava ad avere rapporti positivi con l'esterno. Nonostante una maggiore apertura universalistica dell'ultima fase, dovuta alla diaspora e alla diffusione della civiltà ellenistica, lo spirito originario resta quello di considerare il nemico estraneo al precetto dell'amore.
la natura dell'amore nella prospettiva cristianaAlla luce di questi aspetti di novità introdotti da Gesù nella presentazione del comandamento nuovo dell'amore, in che cosa consiste amare nella prospettiva della rivelazione ebraico cristiana? Dio è caritàLa definizione presente in Giovanni: "Dio è carità", cioè Dio è amore, è l'ultima delle definizioni date nella rivelazione ebraico cristiana. La prima definizione si trova nel libro dell'Esodo, nell'episodio del roveto ardente, in cui Dio rivela a Mosé il proprio nome: "io sono colui che sarà" (Esodo 3, 14). Non si tratta di una definizione metafisica ("io sono colui che sono"), Dio non dice: io sono l'ente, l'essente. Probabilmente la traduzione più giusta è: "io sono colui che sta davanti, che ti guida, che ti libera, che orienta il tuo cammino".
alla luce del mistero trinitarioL'amore esiste solo dove c'è dialogo, comunione, comunicazione tra persone. Si può dire che Dio è amore solo perché lo si percepisce come un Dio che vive nella comunione delle persone, Padre Figlio e Spirito, in una comunione che è il frutto del reciproco donarsi. Il Padre, il Figlio e lo Spirito si costituiscono nel momento stesso in cui si danno reciprocamente. Non ci sono prima per poi donarsi, ma sono nell'atto stesso in cui si danno. Dio è fondamentalmente e costitutivamente relazione e dono. La carità allora, se vista nella luce del mistero trinitario, è relazione che si sviluppa nella logica del dono. e alla luce della storia della salvezzaQuesta definizione di Dio come carità nella luce del mistero trinitario può sembrare per molti aspetti astratta, ma trova molti aspetti significativi nella storia della salvezza, nella storia dei rapporti di Dio con l'umanità, in cui Dio si rivela come amore con alcuni tratti caratteristici.
gratuitàUna delle caratteristiche dell'amore di Dio è quella della gratuità assoluta. Dio non ama l'uomo perché è buono, semmai vuole che sia buono perché lo ama. Tanto è vero che ci ha amato quando eravamo ancora peccatori, come dice Paolo nella lettera ai Romani e come ribadisce l'ultima antitesi del discorso della montagna: "Se amate coloro che vi riamano quale ricompensa ne avrete? Fanno così anche i pagani". La gratuità è la caratteristica di un amore che provoca la risposta (l'essere amati ci costituisce in qualche modo debitori) ma che non è dato in vista della risposta. Dio infatti ci ha amato anche quando eravamo peccatori: dobbiamo amare i nemici, perché Dio ha amato noi quando eravamo nemici. fedeltà radicaleUn altro tratto dell'amore di Dio, che siamo chiamati a vivere e che è già presente nella rivelazione veterotestamentaria, è la fedeltà radicale, che emerge dalla parabola dell'impossibile amore di Dio, quella del rapporto tra il profeta Osea e Gomer, la prostituta. Da una parte c'è la fedeltà del profeta, che rappresenta la fedeltà di Dio, che richiama incessantemente Gomer, dall'altra parte c'è l'infedeltà di Gomer, figura di Israele, che nonostante venga recuperata dalla pubblica piazza, continua a prostituirsi. E' la fedeltà contro l'infedeltà. Dio continua a rincorrere l'uomo anche laddove l'uomo tenta di sfuggirgli, non riconoscendo e respingendo il dono ricevuto. La fedeltà di Dio nei confronti dell'uomo è funzionale a che l'uomo cresca, che realizzi se stesso in profondità. E' una fedeltà nonostante tutto, senza attesa di una contropartita. condivisione della condizione umana: essere con noiIn Cristo, rivelazione ultima e definitiva dell'amore di Dio, il senso e il contenuto della carità sono approfonditi con due ulteriori sottolineature.
essere per noiIl Dio con noi diventa il Dio per noi soprattutto nella croce, dove fa di se stesso, della propria vita, dono. Lo spogliamento, la kenosi, l'annichilimento non è fine a se stesso - sarebbe una forma di masochismo - ma è funzionale al dono totale di sé: non c'è amore più grande di colui che dà la vita, come dice Giovanni. Dio, in Cristo, non ha la carità, ma è carità. In Cristo la rivelazione del Dio amore è piena, proprio nel momento in cui fa dono di sé, della propria vita, in modo totale, sulla croce. linee di un'etica della caritàDalle riflessioni svolte si possono ricavare alcune linee per un'etica della carità. la carità è "il" comandamento, "la" virtù, "il" valoreLa carità è il contenuto fondamentale della legge nuova, non può essere messa sullo stesso piano degli altri comandamenti, degli altri valori, delle altre virtù.
la carità come opzione fondamentaleCi sono due opzioni di fondo possibili nell'orientamento che si dà alla vita: quella autoreferenziale, egoistica, egocentrica, e quella altruista, della fuoriuscita da sé, di chi tende a perdere la propria vita. Amare è perdere se stessi e la propria vita nella certezza che in questo perdersi c'è un ritrovarsi a un livello altro: "chi perde la propria vita la troverà". In questo senso la carità è l'opzione fondamentale, l'atteggiamento di fondo, l'orientamento di vita. Le scelte particolari vanno riferite sempre a questa. Tra le mille difficoltà che caratterizzano la nostra vita, nell'impasto che noi siamo di pulsioni positive e negative, devo interrogarmi se l'orientamento di fondo è al dono o alla ricerca di me. giudicati sull'amoreNel cap. 25 di Matteo ci viene detto che nel giudizio finale saremo giudicati sulla base del criterio della carità: "Venite a me benedetti, perché avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero ignudo e mi avete vestito..." Manifestiamo la presenza della carità, l'amore di Dio che è presente dentro di noi grazie al dono dello Spirito, col comportamento concreto che teniamo verso i fratelli. L'ultimo giudizio, ce lo ricorda anche S. Giovanni della Croce, è sul grado di carità che siamo riusciti a vivere. dono di sé a Dio e ai fratelli, indissolubilmente unitiGesù, come abbiamo visto, ha unificato strettamente la dimensione dell'amore di Dio con quella dell'amore del fratello, le ha rese non separabili. Nel principio unitario, da cui muove la carità, il riferimento a Dio e ai fratelli non è distinguibile. L'autodonazione di sé include, se è autentica, insieme Dio e il fratello.
il cristianesimo anonimoProprio sulla base di questa visione è stata elaborata da alcuni teologi, come Rahner, la cosiddetta teoria del cristianesimo anonimo, che sostiene l'esistenza di tre categorie di persone di fronte al mistero di Dio e della salvezza.
una carità concretaUn altro aspetto dell'etica della carità è la concretezza con cui la carità va vissuta. "Non amiamo a parole ma con le opere e nella verità" (Giovanni, prima lettera). La lettera di Giacomo poi sottolinea l'importanza delle opere come testimonianza dell'amore.
2. vivere la carità nella vita di coppia e di famigliaRiflettiamo ora su come rendere operante la carità come valore etico nell'ambito della vita di coppia. coppie e famiglie fortemente differenziateCome prima premessa occorre tener presente, come ha ben mostrato l'intervento di carattere sociologico di Carla Lunghi, l'esistenza di una varietà di situazioni sempre più diversificate e complesse, dovuta ai mutamenti culturali intervenuti, con da un lato l'acquisizione di nuovi valori, ma dall'altro anche un aumento di fragilità dei rapporti di coppia e di famiglia. Queste situazioni particolari non possono essere considerate dall'alto, sulla base soltanto di una riflessione di principio, ma devono essere analizzate dal di dentro, tenendo conto delle ragioni che le hanno provocate. la carità come unico principio non negoziabileLa seconda premessa è che per il credente la carità è un principio assoluto, non negoziabile. La qualità della carità definisce la qualità della vita morale. La stessa vita è relativa: per la carità si può anche perdere la vita. Anzi, nella prospettiva cristiana c'è la sollecitazione ad andare in questa direzione.
a. significati della carità e suoi valori specifici in rapporto alla vita di coppia e di famigliaPer parlare del significato della carità in rapporto alla vita di coppia e di famiglia, vorrei partire da due riflessioni di carattere teologico. significati della carità: il matrimonio come vocazioneLa prima tocca il tema della dimensione vocazionale del matrimonio, della vita a due come vocazione. Questo aspetto, più presente nella teologia protestante, è stato poco frequentato dalla teologia cattolica, dove invece si sono definite le vocazioni più in riferimento alla vita religiosa e al sacerdozio (che in realtà è un ministero) e dove si è molto insistito sul fatto che il matrimonio è sacramento, così che la teologia sacramentale ha assorbito tutta la dimensione vocazionale.
estensione e profondità dell'amoreCon riferimento alla lettera di Paolo agli Efesini, secondo Barth si può rapportare l'amore infinito di Dio, che sorpassa ogni conoscenza, a due dimensioni fondamentali: la dimensione dell'estensione (l'amore verso tutti: Dio ama tutti incondizionatamente) e la dimensione della profondità (l'amore di ciascuno: Dio ama ciascuno nella sua unicità, nella sua irripetibilità). Barth dice che nella prospettiva delle due scelte vocazionali cristiane (vocazione al matrimonio e vocazione alla verginità), essendo l'uomo un essere limitato, emergono tendenzialmente o più l'una o più l'altra di queste due dimensioni. Nella prospettiva matrimoniale ciò che dell'amore di Dio soprattutto si vive è la dimensione dell'approfondimento. Ovviamente, le due vocazioni sono complementari: i coniugi, che vivono soprattutto l'approfondimento dell'amore di Dio in un rapporto a due, ricevono da coloro che invece hanno fatto l'altra scelta la sollecitazione a dilatare l'amore, e viceversa: vivere il matrimonio con la nostalgia della verginità, e la verginità con la nostalgia del matrimonio. Cioè con la consapevolezza, da una parte e dall'altra, del valore ma anche del limite della propria scelta. Che è una vocazione all'amore, da costruire passando attraverso tutti gli stadi dell'amore umano, ma dentro al contesto dell'amore divino. significati della carità: il matrimonio come sacramentoLa seconda riflessione teologica che farei come premessa riguarda invece la vita a due come sacramento, segno sensibile ed efficace dell'amore di Dio, che cioè rende evidente e operante la presenza dell'amore di Dio nella vita della coppia.
i valori specifici dell'amore di coppiaQuesti elementi devono essere tradotti in una serie di valori specifici dell'amore di coppia. E questi valori in cui l'amore si incarna sono: l'oblatività, la comunicazione, la fedeltà e la fecondità. l'oblatività come un donarsi continuamente rinnovatoL'amore coniugale è caratterizzato da una spinta al dono reciproco. Naturalmente, solo Dio è capace di donare in termini assoluti. Nell'esperienza umana, accanto al dono, c'è sempre anche la ricerca di sé, che va contenuta, ma non rinnegata. Il dono è una prospettiva, un cammino. La tensione al dono caratterizza la vita della relazione, nella consapevolezza che questo dono è sempre parziale, limitato e deve continuamente essere rinnovato. la comunicazione come un dirsi reciproco in profonditàLa comunicazione vera è quella che raggiunge il cuore dell'altro, è quella in cui si apre se stessi all'altro e si riceve l'altro nella sua apertura. Come per il dono, anche la comunicazione è un dirsi reciproco indefinito, che non ha limiti. una fedeltà creativaMa i due aspetti più caratterizzanti il rapporto sono quello della fedeltà e quello della fecondità.
una fecondità come apertura dei due agli altriL'altro elemento costitutivo dell'amore di coppia è quello della fecondità, la capacità di aprire il rapporto a due agli altri. La vera fecondità, prima di essere fecondità procreativa, è superamento del narcisismo a due. Il discorso di fecondità è un discorso di apertura, di tensione verso l'esterno, di inclusione del terzo. Dare la vita a un figlio, se vuole avere un significato non puramente biologico, ma di fecondità in senso forte, è sentire che il proprio amore è diventato talmente grande da potersi aprire a chiamare un altro a condividerlo. valori apertiNella prospettiva di un cammino permanentemente aperto, questi valori in cui l'amore si incarna, non sono definibili né realizzabili una volta per tutte: non si può mai smettere di donarsi, né di comunicare né di realizzare la fedeltà creativa e la stessa fecondità in forme diverse, che comprendono, oltre la fecondità procreativa, tutte le forme di impegno e di servizio agli altri. b. quale etica della carità per la coppia?Allora, alla luce di questa riflessione, quale etica della carità emerge? ideale della perfezione cristianaIl primo dato è che un'etica che si costruisca a partire da questi presupposti, in riferimento alla varietà di situazioni di famiglie e di coppie che ci troviamo di fronte, non debba rinunciare alla proposta dell'ideale di perfezione cristiana. Il vangelo contiene un annuncio sull'amore estremamente forte, esigente e radicale, al quale non ci si può sottrarre e che non può essere stemperato, va annunciato nella sua radicalità. Il vangelo è paradossale per definizione, la sua essenza è il paradosso della Croce, è la sconfessione della potenza umana in tutte le sue manifestazioni. In realtà, dentro al paradosso evangelico c'è una possibilità di autocostruzione di sé molto alta, la più alta possibile. Il "chi perde la propria vita la troverà" non è facile da accettare. Ma questa paradossalità non significa rinnegare l'umano, ma coglierlo in possibilità di profonda autorealizzazione, anche se attraverso la "follia della croce". Se il paradigma è l'amore di Dio, quel paradigma è estremamente esigente e ci invita ad una fedeltà radicale, ad una gratuità assoluta. Pur essendo consapevoli che questa radicalità della gratuità non è mai totalmente vivibile, dobbiamo tendere ad andare in quella direzione. accettazione del limiteIl secondo dato è che quanto detto deve andare di pari passo con l'esigenza di evitare le facili idealizzazioni, che portano poi molto spesso a penalizzare tutto ciò che non è in sintonia con ciò che è stato idealizzato. Le persone sono limitate, i rapporti spesso vivono di profonde ambivalenze, sono caratterizzati da forme di profonda precarietà, e vanno accettati per quello che sono anche in questi aspetti di limite.
un'etica situataL'etica che va messa in campo per vivere questi rapporti è un'etica situata, cioè un'etica che non rinuncia ai valori, all'ideale di perfezione, ma nello stesso tempo sa situare quell'ideale in rapporto alla situazione concreta, sapendo che la possibilità di accesso all'ideale può avvenire soltanto per gradi.
un'etica del possibileL'etica che occorre mettere in atto nei rapporti di coppia potremmo definirla un'etica del possibile: il possibile è frutto di una mediazione dell'ideale nella realtà. Il bene di cui devo andare alla ricerca è non il bene assoluto, che certo sullo sfondo devo tenere in considerazione, ma il bene possibile in situazione, vagliando di volta in volta che cosa la situazione mi consente di fare. l'esperienza cristiana come conversione continuaQuesto modello etico esige come condizione di fondo un'attitudine di ciascuno (nella coppia un'attitudine dei due) ad una permanente conversione di sé. L'ideale di perfezione sta sempre davanti a noi: "Siate perfetti e misericordiosi come è perfetto e misericordioso il Padre vostro che è nei cieli". Nessuno mai potrà esserlo, ma il fatto di avere davanti questo ideale alto di perfezione, pur nella consapevolezza della distanza enorme tra l'ideale e ciò che siamo, ci stimola, non a colpevolizzarci ma a tendere, sia pur per gradi, a quell'ideale, in uno sforzo continuo di cambiamento, di trasformazione di noi stessi, di conversione.
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