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Quale spazio all'ascolto nella civiltà dell'immagine

sintesi della relazione di Emanuela Mora
Verbania Pallanza, 17 novembre 2001

Si parlerà dell'ascolto in quanto pratica sociale che coinvolge tutti e non tanto dell'ascolto come dimensione della relazione interpersonale.

primato dell'ascolto nella comunicazione

Mead, uno psicologo sociale, sostiene che alla base del legame sociale tra le persone c'è l'ascolto.
Al momento della nascita non siamo in grado di produrre intenzionalmente alcun significato, ma nel giro di pochissimo tempo diventiamo capaci di comunicare attivamente.
Quando nasciamo, secondo Mead, siamo capaci solo di stare al mondo, di sentirci bene o male e avvertendo un disagio (fame, freddo, sonno ecc.) ci esprimiamo con l'unica risorsa che abbiamo, il pianto. Non è un pianto intenzionale, finalizzato a qualcosa, ma solo diretta espressione di disagio. La madre si sforza di interpretare il pianto cercando sistematicamente la risposta giusta, ricerca non particolarmente difficile dato il numero limitato di bisogni del bambino.
Nel giro di poche settimane, sollecitato dalle risposte della mamma, il bambino stesso impara a distinguere tra i suoi diversi bisogni, manifestando così il proprio disagio con segnali un poco diversi.
Questo sta a significare che, ancor prima di comunicare, ciò che è fondamentale per stare al mondo e stabilire una relazione è ascoltare. E' l'ascolto della madre, che cerca di interpretare il disagio per fornire risposte adeguate, ed è l'ascolto delle risposte da parte del bambino, che gli consentiranno successivamente di esprimere il proprio disagio in modo differenziato e intenzionale.
Tutto questo sta anche a significare che il linguaggio, i messaggi, i simboli, quanto abbiamo da dire quando vogliamo essere ascoltati, non sono mai un prodotto individuale. La vita nel mondo dell'individuo si plasma e si costruisce nelle relazioni con altri individui: ascolto e capacità di espressione e di parola sono realtà che si coappartengono e si costituiscono reciprocamente. Ascolto è ascoltare e essere ascoltati. Gran parte di disturbi della personalità e di deficit cognitivi derivano da una cattiva relazione fondamentale (tra madre e bambino).
Prima ancora di qualsiasi valutazione etica, l'ascolto è un elemento costitutivo dello stare al mondo dell'uomo.

le pratiche di ascolto

L'attuale società dell'immagine e della comunicazione fa ampio uso dell'ascolto.
Sono pratiche di ascolto i sondaggi di opinione, le ricerche di mercato, i dati delle audience. A livello delle relazioni interindividuali (genitori-figli, moglie-marito, docente-allievi...) mai come oggi l'ascolto è ritenuto fondamentale. Anche nelle aziende si mettono in atto pratiche di ascolto finalizzate a rendere più soddisfacente il clima dell'ambiente di lavoro.
C'è un proliferare di centri di ascolto, di telefoni amici, di numeri verdi. Ci sono cure centrate sull'ascolto, dalle psicoterapie alla psicoanalisi.
Sono tutte pratiche tese a creare luoghi dove qualcuno si preoccupa di ascoltare qualcun altro.
Sono tutti fenomeni in cui la dimensione dell'ascolto è centrale, nonostante la qualità dell'ascolto sia diversa.
Nel caso delle ricerche di mercato, dei sondaggi, dei dati sulle audience si ascoltano i cittadini in quanto consumatori o fruitori di beni e di servizi. L'ascolto media il rapporto tra un soggetto collettivo (l'istituzione, il partito, la TV...) e il singolo individuo.
C'è poi l'ascolto come risorsa relazionale (genitori-figli, insegnante-studenti, marito-moglie...). L'ascolto è qui orientato a migliorare la qualità della relazione. Questa dimensione è perseguita anche nelle pratiche di ascolto all'interno di una azienda. E' l'ascolto come risorsa per vivere meglio e stabilire relazioni soddisfacenti con gli altri ed essere più contenti.
C'è un bisogno sociale diffuso ad essere ascoltati, come testimonia il pullulare dei centri ascolto.

comunicazione dei mass media e pubblici attivi

Non si può parlare di ascolto senza parlare della società della comunicazione, che tanto più comunica quanto più immagina che ci sia qualcuno che ascolti.
Si è d'accordo sul fatto che l'enorme quantità di comunicazione che ci viene rivolta, la riceviamo in quanto individui, in quanto individui percepiti dai network come ascoltatori, come audience (audience è il termine inglese per pubblico). Oggi però è mutato il modo di percepire il pubblico, l'audience.
Mentre in un recente passato il destinatario della comunicazione di massa era percepito come un pubblico passivo, che riceve, subendola, una grande quantità di messaggi, con la conseguente preoccupazione delle varie agenzie educative, come la scuola, di insegnare a difendersi dall'influenza dei mass media, oggi, sia chi fa la programmazione che chi la studia, percepisce il destinatario come una serie di pubblici diversi, considerati come ascoltatori attivi. Non c'è più una massa indifferenziata che piglia per buono tutto quanto gli viene trasferito a flusso continuo, ma uno spettatore che costruisce il proprio flusso attraverso il meccanismo del telecomando.
Questo non significa che lo spettatore non subisca più alcuna influenza, ma che non è più una facile preda e che quindi va studiato più attentamente. La straordinaria varietà delle proposte ci rende consapevoli della possibilità di alternative, restituendoci maggiormente la libertà di discriminare.

cittadini in quanto ascoltatori

Un'altra novità della situazione consiste nel fatto che siamo percepiti come ascoltatori, come unità-audience non solo dai responsabili dei network, ma anche da quelli che ambiscono ad essere i nostri rappresentanti politici. Vale a dire che come cittadini finiamo di essere considerati dai "politici" e dallo stesso stato come ascoltatori, come audience.
Lo sviluppo delle comunicazioni di massa ha modificato il rapporto tra individui e organizzazioni. Così il modo più semplice per raggiungere gli individui è l'utilizzo di strumenti di comunicazione di massa.
Ma il paradosso è che noi stessi ci pensiamo cittadini in quanto ascoltatori.

riduzione della sfera pubblica e crescita di quella privata

Lo sviluppo della comunicazione di massa ha modificato il rapporto tra sfera pubblica e sfera privata, il rapporto tra politici e cittadini.
Si può parlare di sfera pubblica quando delle persone si trovano insieme per parlare di problemi comuni, per elaborare opinioni collettive, per indicare proposte comuni (come dovrebbe essere la scuola, la sanità, il traffico...). Oppure detto altrimenti si può parlare di sfera pubblica quando privati cittadini si fanno carico del mondo nel quale vivono, mettendoci dentro i loro valori, la loro cultura, e danno voce pubblica a quanto elaborano all'interno di associazioni, di gruppi
Per sfera privata intendiamo gli ambiti più personali, più legati alle relazioni interindividuali, rivolti alla ricerca del proprio benessere individuale o interindividuale.
Proprio l'enorme sviluppo delle comunicazioni di massa favorisce il proliferare della sfera privata a scapito di quella pubblica. La comunicazione di massa ci considera come unità audience, come destinatari individuali di messaggi, come soggetti che devono essere convinti a dare il proprio voto o ad acquistare un certo prodotto.
La sfera pubblica invece è il luogo del dialogo, del confronto, di elaborazione da parte di soggetti diversi.
Secondo Habermas, la costituzione della sfera pubblica, a partire dal settecento, ha avuto bisogno di tempo, di occasione di incontro tra le persone, di possibilità di dialogo tra persone appartenenti a gruppi sociali diversi. E la sfera pubblica è il fondamento delle democrazie occidentali.
Nella società della comunicazione di massa lo scenario cambia.
Aumenta il numero di gruppi sociali che hanno consapevolezza di essere soggetti politici (minoranze etniche, donne, omosessuali...). Ci sono tempi molto più contenuti per elaborare e diffondere i discorsi e tempi più rapidi di sostituzione di un discorso con un altro. Sono in crisi i corpi intermedi, i luoghi di incontro dove si dialoga e si costruiscono discorsi.
Allora non c'è più il tempo di lasciare maturare un'opinione politica dentro le cerchie sociali, non ci sono più luoghi e momenti di incontro.
E il politico che ha bisogno di essere ascoltato per ottenere consensi, e che ha a disposizione tempi sempre più brevi, percepisce il cittadino come un ascoltatore individuale a cui proporre un preciso messaggio.
A forza di essere considerati come unità di audience, finiamo noi stessi di considerarci come ascoltatori individuali, come destinatari di servizi, come consumatori di beni. Per noi diventa rilevante l'esigenza di essere ascoltati, di poter cioè trovare il prodotto che più soddisfa il mio bisogno. Sono sì un ascoltatore individuale, ma un ascoltatore individuale attivo.
Abbiamo conseguito una maggiore consapevolezza dell'importanza dell'ascolto, sono aumentate le competenze ad ascoltare, ma forse è diminuito il tempo a disposizione per ascoltare.

l'ascolto come dimensione fondamentale del linguaggio

La razionalità occidentale, secondo la filosofa psicoanalista Gemma Corradi Fiumara, è centrata sul parlare e sul dire più che sull'ascoltare ed è basata sul principio di non contraddizione. La conoscenza è vista come accumulo di affermazioni giustificabili e logicamente coerenti, di affermazioni che si confermano o si negano senza mezze misure.
"Non c'è alcuna autentica relazione umana senza una radicale apertura all'ascolto" (Heidegger)
L'ascolto è invece visto spesso in modo strumentale. Quando ascolto già penso a quello che devo controbattere...
Il linguaggio invece non potrebbe esserci senza questa radicale dimensione dell'ascolto.
L'organo dell'ascolto (Heidegger, Derridda) è il timpano che è un canale obliquo rispetto al mondo esterno. Non si contrappone ma è capace di tutte le sfumature.
Ora l'ascolto, elemento fondamentale del linguaggio, ci apre ad una logica di relazione come logica obliqua e non contrappositoria.
La conoscenza non procede solo attraverso l'esercizio di una razionalità rigorosa, ma anche attraverso esperienze affettive ed emotive. Un'assenza di rigore può essere dovuta al fatto che l'interlocutore può avere altre ragioni, può stare in una situazione particolare, non possiede le mie stesse capacità argomentative... La mia disposizione a conoscere non può essere tutta concentrata sulla logica, ma deve aprirsi all'esperienza emotiva dell'incontro con la parola dell'altro che muove qualcosa dentro di me.
La dimensione logica e la dimensione emotiva appartengono a qualsiasi relazione. La qualità della relazione facilita l'apprendimento in una classe.

recuperare un tempo per l'ascolto

Nella nostra società non c'è solo un ingorgo di beni materiali, ma anche di immagini, di suoni, di simboli...
C'è anche un intasamento acustico. Il rumore non lacera più il silenzio, ma i rumori si susseguono senza intervalli, senza soluzione di continuità.
Questa assenza di distanza, di intervalli tra i segni e le persone che li percepiscono indebolisce fortemente la nostra capacità di discriminare, di scegliere. Dalla mattina alla sera continuamente ascoltiamo e selezioniamo. Non c'è più il silenzio nel quale solo l'ascolto può maturare, può diventare consapevolezza.
Siamo bravissimi ad ascoltare, non facciamo altro che ascoltare, ma con un ascolto che non ci soddisfa pienamente. Dobbiamo ricuperare un ascolto che faccia tesoro dell'intervallo, della pausa, di un po' di silenzio.

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