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Il sacro e la violenza

sintesi della relazione di Armido Rizzi
Verbania Pallanza, 5 novembre 1994

Perché partire proprio dalla religione per cogliere le radici della violenza contemporanea? La religione, sino all'epoca moderna o post-moderna, è stata la fondamentale maestra d'umanità, la fonte dell'autocoscienza umana. Alle domande di senso (chi sono, da dove vengo o dove vado) hanno sempre risposto le religioni.
Fino a poco tempo fa il rapporto tra violenza e religione era sostanzialmente trascurato. Oggi, grazie soprattutto agli studi di René Girard che ha colto il nesso essenziale tra violenza e religione, vi è una maggiore consapevolezza e anche i biblisti hanno incominciato a studiare in modo più approfondito il legame tra violenza e religione biblica. La violenza nella religione non è attribuibile solo alla cattiva volontà degli uomini, ma è prodotta anche dalla stessa religione come tale. Oggi è diffusa la convinzione - diventata quasi un luogo comune - che la religione, o la verità che si pone come assoluto, genera violenza. Ma l'assenza di religione non elimina la violenza, anzi, soprattutto nelle giovani generazioni, è diffusa una violenza che nasce dalla mancanza di verità.

il nesso tra violenza e religione in R. Girard

Mentre la violenza funzionale, strumentale (ad es. di colui che assolda il killer per uccidere la ricca moglie al fine di ereditare e risposarsi) è una violenza contingente, non necessaria, in quanto il fine dipende totalmente dalla volontà dell'individuo, la violenza religiosa è necessaria, non è possibile farne a meno al di dentro di una certa concezione del mondo.
Girard ha gettato luce sulla necessità del rapporto tra religione e violenza. Ogni società, secondo lo studioso, può esistere solo sulla base di una pacifica convivenza. La guerra di tutti contro tutti significherebbe la fine della società. E l'esplosione della violenza è sempre possibile dato che ognuno desidera ciò che desiderano gli altri. La violenza omicida, che la stessa bibbia colloca alle origini, rischia di disgregare tutto, provocando una valanga inarrestabile, perché il sangue chiama altro sangue. Ma la coscienza umana inventa un atto capace di prevenire e di arrestare la catena senza fine della violenza. Il gruppo scarica tutta la violenza (passata, presente e futura) su un unico individuo, il capro espiatorio, sacrificato come rappresentante di tutti i possibili assassini e per appagare tutti i possibili vendicatori. Il bisogno di riparazione è così soddisfatto. La funzione del rito sacrificale, e quindi della religione, è quella di placare la violenza intestina, impedendo la disgregazione sociale.
Girard ha avuto il merito di aver colto il nesso essenziale tra violenza e religione, il carattere necessario della violenza del rito in quanto ripara ad una più grande violenza. Girard però riconduce tutta la violenza religiosa dentro lo schema del capro espiatorio. Il quadro invece deve essere allargato.

il nesso tra violenza e religione colto al di dentro del rapporto tra religione e problema del male

Tutte le religioni sono una risposta, non solo teorica ma efficace, al problema del male, sono una lotta vittoriosa contro le minacce dei poteri negativi. I miti delle origini del mondo narrano la vittoria, al termine di una lotta, dell'ordine, del senso, del bene, sul caos, sul disordine, sul male. E poiché il disordine non è eliminato una volta per tutte, è necessario il rito, come atto che rinnova il gesto creatore divino, la vittoria del bene sul male.
Le religioni operano la salvezza contro i rigurgiti del male anzitutto uccidendo il male, personificato in una precisa e concreta figura. È questa la violenza che la religione produce come tale. È una violenza necessaria sia perché è necessario il fine (sono in gioco la vita e la morte di tutti) sia perché è necessario quel preciso gesto rituale per raggiungere il fine. Solo il rito può riprodurre il gesto creatore divino.
Si coglie così il nesso necessario tra religione, custode del bene supremo, della vita, dell'ordine, e violenza religiosa, come momento necessario di controviolenza per arginare il male e ritrovare il bene.
Questa violenza necessaria la si ritrova anche in molte ideologie secolari.
Quando Marx afferma che "la violenza è la levatrice della storia" ridice in termini secolari ed evolutivi quanto affermano le religioni, mettendo il genere umano al posto di Dio e il senso del mondo non all'inzio, come per le religioni, ma alla fine (la società comunista). La violenza rivoluzionaria è vista come un momento necessario di mediazione per ragiungere il fine.
Si ritrova la stesa logica anche in tanto "amore per la patria". Il valore più alto è dare il sangue per la patria, bene supremo a cui tutto si sacrifica. Il sacrificio dell'eroe è una violenza necessaria per quel sommo bene che è la patria.

le forme di violenza religiosa

L'esperienza del sacro può assumere soprattutto un caratttere cosmico, quando il divino è percepito come Natura, Vita, Totalità, come l'ordine del mondo in cui l'uomo abita, come l'insieme delle forze vitali della natura, oppure può assumere un carattere etico, come nella religione biblica, quando il divino è visto come colui che dà le leggi per vivere bene, come Volontà, come Parola (come il Dio che dà i comandamenti).

la violenza nella religione cosmica
Presso gli Atzechi, per es., era molto diffusa la pratica dei sacrifici umani, espressione non tanto di una particolare crudeltà ma del bisogno di riprodurre quel gesto divino che aveva dato origine al mondo. Per gli Atzechi il sole e il suo movimento regolare sono il fondamento dell'ordine del mondo. Ora, secondo il mito, il sole è sorto attraverso l'autosacrificio di divinità che si sono gettate nel fuoco per uscire come palle fiammeggianti. Il sole e il suo movimento pertanto possono essere mantenuti solo tramite il sacrificio, ripetendo ritualmente il gesto creatore originario. (L'elevato numero di sacrifici umani presso gli Atzechi dipende probabilmente dalla presenza di un sentimento di angoscia provocato dalla credenza dell'imminenza della fine del mondo. I sacrifici moltiplicati servono a ritardare la fine).
Il sacrificio umano, presente su scala mondiale, aveva lo scopo di rinsaldare l'ordine del mondo. Come all'inizio la vita è nata con un atto di morte, così adesso la rinnovata affermazione della vita dipende dal rinnovare la morte. Anche nel vangelo di Giovanni si afferma che se il chicco di grano non muore non può portare frutto.
Questo insieme di pratiche violente mantiene vivo lo scambio tra divinità e umanità: all'offerta di vite la divinità risponde donando salute, prosperità, sicurezza. Il sacrificio in questo caso non rinvia alla logica del capro espiatorio ma a quella dello scambio. Non c'è nulla da espiare, c'è invece la necessità di riprodurre una legge cosmica, la ciclicità della natura, l'avvicendamento vita-morte.
Non vi è una visione romantica, oleografica della natura ma un sentimento alto e drammatico: nella natura c'è il momento necessario di violenza e di morte.

la violenza nelle religioni etiche
Il divino è visto come il legislatore che indica il dover essere e conseguentemente come colui che sanziona l'azione umana dando al giusto la vita e la felicità e all'ingiusto la morte.
Di fatto, nelle religioni di tipo etico, prevale la dimensione negativa, punitiva. Dio è normalmente il Dio vendicatore, che castiga il malvagio, il "giustiziere" che fa giustizia, facendola pagare a chi ha sbagliato. Si tratta qui del rapporto colpa-pena, espressione della giustizia divina.
È in questo tipo di religione allora che ha spazio la logica del capro espiatorio, della punizione del colpevole. Mentre nelle religioni di tipo cosmico si uccide per ragioni di necessità cosmologica (reintegrare l'ordine del modo), qui si uccide o si sacrifica per ricostituire l'ordine etico leso (chi ha sbagliato deve pagare).
Nella bibbia manca completamente la violenza cosmologica. Dio non abbatte il mostro marino, ma crea con la parola, con un atto pacifico. Pertanto non ci sono sacrifici di rinnovamento della creazione, ma solo sacrifici espiatori o riti di rinnovamento della liberazione dalla schiavitù. Al sacrificio rinnovatore delle religioni cosmiche corrisponde nella bibbia la fede assoluta nella assoluta potenza di Dio. Non l'atto creatore va riprodotto, ma il riposo, il sabato.

forme in cui è mescolato l'etico e il cosmico
il tabu
Il tabu è il divieto di essere a contatto con determinati oggetti, che in certi tempi e circostanze sono ritenuti sacri e perciò intoccabili. Chi trasgredisce, anche involontariamente, paga. C'è l'idea di trasgressione e quindi la dimensione etica, ma anche l'involontarietà, il contagio, e quindi la dimensione cosmica.
il mondo greco
Anche nel mondo greco l'etico non riesce a liberarsi dal mondo della necessità. La virtù, come la colpa, non riescono mai ad essere atti di una libera scelta, ma sono legati alla necessità (la virtù che scaturisce necessariamente dalla conoscenza o la colpa che è fatalità). C'è la percezione dell'etico che resta dentro l'ordine del cosmico.
rapporto tra verità e violenza nella storia cristiana
Perché l'ebreo, il musulmano, l'eretico, cioè tutto ciò che non rientra nell'ordine cristiano, deve essere espulso? Sia per ragioni etiche, in quanto l'ebreo, il musulmano, l'eretico è tale volontariamente (la violenza è punizione di una colpa), sia per ragioni cosmiche, perché nell'ordine cristiano eretici, ebrei, musulmani possono essere fonte pericolosa di contagio, al di là della volontarietà.

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