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Chiese cristiane - ecumenismo e culture

sintesi delle relazioni di Traian Valdman, Paolo Ricca e Giovanni Cereti
Verbania Pallanza, 8-9 aprile 1989

la chiesa ortodossa
(Traian Valdman)

È importante sottolineare come il termine ecumenismo, singolare, venga accostato al plurale culture. L'ecumenismo è un movimento per costruire la chiesa visibile di Cristo, ma incarnandola in culture diverse. A differenza del passato oggi siamo consapevoli che la rivelazione, la Scrittura, e per il mondo ortodosso, la santa Tradizione si vivono in ambienti culturali diversi.
L'ecumenismo rimanda a fede, mentre cultura a realtà nazionale: per il mondo ortodosso il rapporto tra ecumenismo e culture rinvia al rapporto tra fede e nazione (andate e predicate a tutte le nazioni). L'elemento fede deve incarnarsi in una realtà etnica, nazionale. Ogni persona che riceve la fede è inserita in un preciso contesto etnico culturale ben definito e la fede stessa viene rivelata attraverso parole umane. Il mondo ortodosso mette in evidenza che da una parte l'uomo è già immagine di Dio, dall'altra il Figlio di Dio si incarna e diventa uomo proprio per portare e rivelare questo messaggio. Il messaggio viene annunciato in una certa cultura.
La cultura è ben lieta di mettersi al servizio della fede però tende ad imprigionarla a dogmatizzare le forme stesse di espressione, mentre la situazione storica e culturale cambia. La storia della chiesa mostra questo rapporto dialettico tra fede e cultura.
Già nella chiesa primitiva il messaggio cristiano tende ad essere imprigionato nella cultura ebraica aramaica, imponendo ai seguaci di passare attraverso la legge mosaica. Con il concilio di Gerusalemme si verifica l'apertura al mondo greco, che diventa in seguito chiusura, con una liturgia che si cristallizza in greco. Ci son voluti sforzi perché la bibbia venisse tradotta in latino, ma anche il latino si chiude e diventa la lingua liturgica fino al Vaticano II. Nel mondo orientale si è avuta l'apertura al mondo slavo con Cirillo e Metodio con successiva cristallizzazione della lingua, oggi non più compresa nelle chiese slave.
La situazione rispetto al momento iniziale è peggiorata. Nel periodo apostolico e postapostolico c'è varietà culturale: l'ambiente giudeo cristiano, quello ellenico cristiano, e quello gnostico cristiano (Pietro, Paolo e Giovanni). Ciò che contava era non la cultura come tale, ma la cultura come mezzo per far passare il messaggio del Vangelo.
Questa situazione permane fino a Calcedonia, in cui prevale l'elemento culturale greco-romano, con la marginalizzazione di copti, siri, armeni.
C'è una grande libertà culturale, con diversità di culto e di lingue. La diversità non è considerata negativamente per l'unità della chiesa. Invece dopo Costantino e Teodosio si introduce l'elemento giuridico accanto alla fede sacramento, che si esprime nella cultura teologica greco-romana. "Omousios", consustanziale, ipostasi, natura sono termini presi dalla cultura del tempo a cui si è dato un contenuto cristiano evangelico.
Teologicamente oriente e occidente hanno sfumature diverse, ma ciò viene considerato come pluralismo teologico complementare. Ad esempio a proposito della teologia trinitaria, mentre l'oriente si parte dalle tre persone per affermare l'unicità di Dio, in occidente si parte dall'affermazione della unicità di Dio per dire poi che è Padre, Figlio e Spirito Santo.
Nel 1054 si sanziona la separazione tra cultura greca e cultura latina.
Dal pluralismo iniziale si passa al biculturalismo e poi al monoculturalismo: la chiesa orientale è di cultura greco-bizantina, quella occidentale di cultura latina. ù un allontanamento dallo spirito evangelico perché si mette in evidenza solo l'economia del Figlio e non quella dello Spirito: in Cristo siamo uniti, ma nello Spirito siamo diversificati. Soprattutto nel mondo occidentale c'è stato il monoculturalismo, mentre nel mondo orientale cristiano c'è una cultura greca, una cultura slava, una cultura latino-rumena, una cultura araba.
Il problema ecumenico nel mondo ortodosso si pone in termini specifici. Si pensa infatti che la chiesa di Cristo esiste ed è già una, mentre sono i cristiani ad essere separati tra loro. A livello culturale invece si parla di una deculturalizzazione della fede per una nuova inculturazione. Nonostante la varietà linguistica e di sensibilità (mondo greco più riflessivo, quello slavo più liturgico e mistico, quello latino più diaconale e pratico) sul piano della espressione culturale della fede ha prevalso il tipo bizantino.
Occorre dedogmatizzare le formule cristallizzate nel corso dei secoli per riesprimere la fede in modo più adeguato alle culture dei vari popoli.
L'ortodossia poi non si trova in un unico ambiente culturale: nel patriarcato di Costantinopoli si devono fare i conti con la cultura islamica, in terra santa con quella ebraica, nell'est europea con la cultura materialista e in occidente con il materialismo pratico. Non c'è una ricetta per tutte le situazioni.
A livello ecumenico la chiesa ortodossa intende esprimere il rispetto per la cultura specifica di ognuno: Cristo non è venuto per abolire le culture e le lingue. La Pentecoste ci dice che lo Spirito Santo ci fa sentire il messaggio salvifico nelle diverse lingue.
Nel rispetto per la pluralità culturale l'ecumenismo deve utilizzare sempre un metodo biblico e patristico.
Paolo scrive ai romani e agli ebrei in modo diverso, tenendo conto dei destinatari. Nel mondo di oggi ci sono culture non cristiane con cui fare i conti e anche oggi occorre saper dire chi è quel dio sconosciuto a cui si rende culto. Occorre tener presente il principio etnico e quello escatologico: la cultura va bene per la fede e la speranza, ma alla fine vedremo faccia a faccia.
Anche i Padri devono essere letti correttamente non per cercare soluzioni concrete ma per cogliere il metodo che essi utilizzavano. S. Basilio, nel quarto secolo, diceva che non si può arrivare alla vera conoscenza di Cristo attraverso la lettura dei libri sacri, se prima non si aveva letto anche le opere degli scrittori pagani: come l'ape occorre saper raccogliere solo il miele, solo ciò che è costruttivo per la vita cristiana.
Il problema che si pone è quello sì di realizzare l'unità della chiesa, senza dimenticare che dobbiamo essere una cosa perché il mondo creda.

la chiesa riformata valdese
(Paolo Ricca)

Ci sono molte culture, anche all'interno di una stessa area, ci sono molte chiese e c'è un solo ecumenismo. Secondo il protestantesimo l'ecumenismo è un movimento che tende all'unità e alla verità. Si tratta però di una unità qualificata, per cui vale la pena combattere.

ecumenismo e unità

Il termine unità nella storia ha voluto dire annessione, omologazione, repressione. Nella storia delle esperienze vissute della chiesa si imposta l'idea di unità attuatasi nell'impero. La chiesa ha copiato dall'impero il tipo di unità. In nome dell'unità (un po' imperiale) si è liquidato il dissenso, si sono liquidati gruppi, movimenti, opinioni. Si pensi alle culture indigene annientate in nome dell'unità della fede cristiana, che deve essere uguale dappertutto.
E l'annientamento delle diversità culturali significa negazione dell'ecumenismo. L'ecumenismo è possibile solo nella diversità dei soggetti, non nell'identità. L'ecumenismo ha anzitutto il compito di convertire l'unità cristiana, facendola transitare dal modello imperiale a quello ecclesiale, da una unità uniforme ad una unità multiforme. Compito dell'ecumenismo è realizzare l'unità senza perdere la diversità. Finora nella storia della chiesa l'unità è stata conquistata e mantenuta a prezzo della uniformità, e la diversità è stata conquistata a prezzo della divisione.
La febbre ecumenica non è arbitraria. Unità e diversità sono un dato fondamentale della fede cristiana. Dio è uno e trino, unità nella molteplicità, molteplice nell'unità. Una Bibbia ma due testamenti. Cristo è uno in due nature, è unità e diversità. Abbiamo un Evangelo, un messaggio e quattro Evangeli. Abbiamo uno Spirito e molte lingue. Abbiamo una chiesa e molti modelli di chiese già nel Nuovo Testamento. La passione ecumenica nasce dal cuore stesso della rivelazione cristiana.
Questa ricerca dell'unità molteplice avviene in Cristo. E qui si apre il discorso sulla verità in nome della quale ci si è divisi. I nostri predecessori nella testimonianza della fede cristiana si sono divisi perché la loro percezione delle verità cristiane era tale da non consentire loro di condividere in maniera sufficiente la fede cristiana. Il disaccordo ha riguardato quasi tutto: come la salvezza raggiunge l'uomo, come si deve organizzare la comunità cristiana, qual è il centro del culto cristiano. La divisione non è nata per caso, ma da una battaglia combattuta intorno alla verità.
Ma la verità che ci ha divisi è la verità che ci tiene uniti. Ci siamo divisi nel nome di Colui che ci unisce.

ecumenismo e culture

Il problema dell'ecumenismo tra le culture può essere visto sia all'interno dei rapporti tra le chiese cristiane, sia nel rapporto tra il cristianesimo nel suo complesso e le altre culture.
il fattore culturale nell'ecumenismo intracristiano
Il cristianesimo lungo la storia si è legato a molte culture sia per la sua diffusione sia per la frantumazione in confessioni che sono vissute per secoli di auosufficienza, solo oggi scalfita dall'ecumenismo. le confessioni erano legate a popoli e bacini culturali abbastanza distinti con alcune zone miste. Le stesse confessioni cristiane sono state creatrici di culture, hanno plasmato coscienze, mentalità, spiritualità di interi popoli. Si può parlare di una cultura o civiltà cattolica e di una cultura e civiltà protestante e di una cultura e civiltà bizantina.
Queste culture sono oggi aggredite dalla secolarizzazione, ma sopravvivono a livello di infrastrutture culturali dei popoli, senza piena consapevolezza degli interessati. C'è una sorta di confessionalità inconscia che alberga in ciascuno di noi di cui l'ecumenismo si occupa troppo poco
(il modo in cui un protestante valuta la visione cattolica della presenza eucaristica; il modo in cui un cattolico giudica la chiusura delle chiese protestanti ad eccezione della domenica; il modo in cui un cattolico e un protestante possono vedere un'icona ortodossa...).
L'ecumenismo delle confessioni si fa solo se c'è l'ecumenismo delle culture. Occorre criticare le culture religiose per discernere quello che è culturale e quello che è fede. Il conflitto spesso si pone a livello culturale (si pensi cosa può significare per un protestante in Italia la presenza di un partito politico che si definisce cristiano).
il cristianesimo e le culture
Il cristianesimo si è inculturato nelle categorie di pensiero occidentale (greco, romano, germanico). Noi identifichiamo istintivamente il nostro cristianesimo con il cristianesimo e solo oggi incominciamo a renderci conto che si tratta invece di "un" cristianesimo e che stanno nascendo altri cristianesimi. Su questo fronte è possibile fare una operazione preparatoria all'ecumenismo prendendo coscienza di quanto nel cristianesimo è dovuto al vangelo e quanto alla cultura di cui facciamo parte.
L'ecumenismo di domani sarà l'ecumenismo delle culture, delle nuove inculturazioni del cristianesimo. Nascono qui molti problemi che si dovranno affrontare (ci sono in Africa cristiani che intendono sostituire, nella Bibbia, l'AT con i loro libri sacri percepiti come la loro preparazione a Cristo; l'impossibilità in culture africane di usare le categorie del concilio di Nicea e di Costantinopoli per parlare del Dio trinitario...)

alcune linee di una cultura ecumenica

1. Una nuova cultura ecumenica dovrà essere diversa dalle culture confessionali da cui proveniamo, affette da eurocentrismo, con il mito di Roma, con il primato di Roma come il primato dell'occidente;
2. Occorre superare la caratterizzazione maschile del cristianesimo storico. Non c'è ancora l'ecumenismo uomo-donna preannunciato nel giardino di Eden. Il cristianesimo e ancor più altre religioni sono spaventosamente maschiocentriche.
3. La nuova cultura ecumenica dovrebbe essere meno centrata sulle chiese e più sul "regno di Dio che è vicino". La nostra comunità ecumenica deve dirigersi non verso la chiesa, non verso un secolarismo vuoto, ma verso il regno di Dio vicino. Ci sono persone lontanissime dal tempio ma non dal Regno di Dio. Se impostassimo il rapporto con le ideologie laiche e con le altre religioni non per far proseliti, ma indicare il cammino verso il regno di Dio, sarebbe una grande liberazione. L'ecumenismo delle culture sfocia in una cultura ecumenica.
4. La nuova cultura ecumenica sarà frutto dell'ecumenismo tra l'uomo e la natura (oltre l'antropocentrismo)
5. La nuova cultura ecumenica dovrà integrare il suo rapporto con la verità. Non è un caso che nei credo delle antiche chiese manchi sempre la parola amore. C'è la fede, c'è la speranza, ma non l'amore. La parola verità nella tradizione cristiana gronda sangue. In nome della verità si sono accesi migliaia di roghi. Ci vuole un nuovo ecumenismo tra la verità e l'amore. Una cultura ecumenica fa quello che diceva Paolo: seguitando verità in carità, andando dietro la verità nell'amore. Per questo ecumenismo vale la pena lottare, anche soffrire, sempre pregare.

la chiesa cattolica
(Giovanni Cereti)

definizioni di cattolicesimo, ecumenismo e culture

Cattolicesimo indica apertura all'universalità, alla globalità. ù apertura come accoglienza di tutti i valori, di tutte le culture.
L'ecumenismo è il movimento che tende al ristabilimento della piena comunione tra tutti i cristiani, non come omogeneizzazione, ma come riconciliazione delle diversità: unità nelle cose necessarie, diversità o libertà nelle cose non necessarie, nelle cose dubbie, opinabili; carità in ogni caso e nei confronti di ogni persona (unitas necessariis, in dubiis vel in non necessariis libertas, in omnibus caritas).
Il termine cultura ha accezioni diverse nella stessa Gaudium et spes. Inizialmente c'è la preoccupazione di difendere il valore della cultura, del lavoro culturale nel mondo ecclesiale dove regna un certo disprezzo. Cultura poi la si intende soprattutto in senso antropologico, come l'insieme dei modi di pensare e di agire, delle norme e delle istituzioni, dei riti e delle arti di un gruppo umano storicamente situato.
Tra cultura in senso antropologico e l'esperienza religiosa esiste un rapporto molto profondo, al punto di affermare che la religione è il nucleo centrale e unificante di ogni cultura. Oggi però le società sono multureligiose e multiculturali con una rottura con le società del passato omogenee religiosamente e culturalmente, spesso in modo autoritario (cuius regio eius et religio). Il fenomeno dell'immigrazione complica il problema.

limiti e ricchezze delle inculturazioni del cristianesimo

La cattolicità implica la capacità di adattamento e di incarnazione nelle diverse culture nel corso della storia. Quando questa capacità è venuta meno si sono avute le separazioni tra cristiani.
Il cristianesimo, nato all'interno della cultura semitica del mondo ebraico palestinese, ha saputo da subito incarnarsi nelle diverse culture dell'epoca: comunità giudeo-cristiane, ellenistiche e comunità totalmente provenienti dal paganesimo.
Le vicende dei primi secoli sono le vicende dell'inculturazione del cristianesimo nel mondo greco-romano, assumendo categorie filosofiche, culturali e letterarie (Clemente di Alessandria). Il cristianesimo si è incarnato anche nelle culture africane e asiatiche.
Le separazioni più antiche tra i cristiani sono dovute alla non accettazione del concilio di Efeso (chiese nestoriane) e poi alla non accettazione del concilio di Calcedonia (chiese monofisite). Probabilmente sono state soprattutto incomprensioni sul piano culturale e dettate anche da ragioni politiche (concili convocati dagli imperatori preoccupati di difendere l'unità dell'impero). Non si è accettato di salvaguardare la comunione al di là delle diversità di ordine culturale. La stessa divisione tra oriente e occidente è frutto di una eredità politica e culturale: anche oggi il confine che passa tra cattolici e ortodossi si identifica con il confine tra l'impero romano di occidente e di oriente. Dalla separazione amministrativa e politica è derivata una progressiva estraneità tra i due mondi: in oriente si capiva sempre meno il latino e in occidente il greco, con grosse difficoltà di comunicazione sia per via di terra che di mare. La conseguenza è stata una evoluzione separata, con tradizioni, forme culturali e linguistiche diverse, prassi canoniche, liturgiche, disciplinari, monastiche diverse. La separazione è frutto di incomprensione sul piano culturale: gli orientali non accettavano che gli occidentali celebrassero l'eucaristia con il pane azzimo e gli occidentali che gli orientali la celebrassero con il pane lievitato... Le giustificazioni teologiche (filioque) sono venute dopo, ma sono soprattutto un pretesto.
Le distanze si sono approfondite con le crociate, a causa dell'atteggiamento predatorio e irrispettoso dei crociati.
Anche la grave frattura del XVI secolo (riforma luterana e calvinista e separazione della chiesa anglicana) è frutto in parte di incomprensioni. Si è ritenuto che la fedeltà all'evangelo dovesse prevalere sull'esigenza di salvaguardare l'unità a tutti i costi. Oggi ad esempio siamo consapevoli che il tema della giustificazione per sola fede non può essere motivo di separazione. Tra riformatori e cattolici ci si è divisi sul modo di intendere la riforma della chiesa: nella chiesa post-tridentina la si è intesa soprattutto come ritorno alle osservanze del passato, come una restaurazione forte della disciplina, tra i riformatori come incarnare il vangelo nella cultura del tempo.
L'incarnazione nelle diverse culture è avvenuta nei primi secoli, poi nel medioevo e successivamente, pur con molti limiti, nell'America e in Cina. Il vertice del tentativo di traduzione culturale si è avuto con il Vaticano II, dopo alcuni secoli di immobilismo. Il vangelo è più grande di ogni singola cultura. Il Vaticano II ha liberato il cristianesimo dalla identificazione con la cultura occidentale.

la ricomposizione dell'unità dei cristiani

È possibile la ricomposizione dell'unità dei cristiani se si distingue tra fede e cultura, tra unità nella fede e rispetto delle legittime diversità culturali. Dobbiamo distinguere quello che è il nucleo, la sostanza del deposito della fede, da quello che sono le forme nelle quali la fede è stata enunciata (Unitatis redintegratio n.6 e Gaudium et spes n. 62). Se operiamo questa distinzione possiamo entrare in dialogo con altri cristiani.
Inoltre il Vaticano II dice che la chiesa non deve essere legata in maniera indissolubile a nessuna cultura (Gaudium et spes n. 58). L'ecumenismo è reso possibile dalla coscienza della relatività culturale, dalla consapevolezza che le formulazioni della fede sono culturalmente condizionate, che non si è legati a ripetere le formule del passato, per riesprimere la fede in modo più profondo e insieme agli altri.
Tre esempi.
il servizio del vescovo di roma
Nel dialogo ecumenico le grandi chiese cristiane stanno convergendo nel riconoscimento del servizio che devono rendere la chiesa e il vescovo di Roma alla comunione visibile tra le chiese. Un primato di servizio può essere accolto anche dalle chiese ortodosse e anche la chiesa anglicana e quella luterana sono più aperte.
La più critica è la chiesa riformata d'Italia anche per ragioni storiche.
Certamente le chiese non sono disposte a riconoscere al vescovo di Roma un ruolo di monarca assoluto o di despota al quale sottomettersi. Un servizio nella comunione, un presiedere nella carità non vuol dire dominare ma animare all'unità. ù necessario riportare il servizio del vescovo di Roma a forme molto più dialoganti, più rispettose delle chiese locali.
il problema dei divorziati
Tutte le chiese cristiane sono concordi nell'affermare che il matrimonio in senso cristiano è tendenzialmente perpetuo, è indissolubile. Nei fatti, anche per la presenza del peccato, tanti matrimoni giungono al fallimento. In questo caso le altre chiese cristiane dicono che si deve predicare l'indissolubilità, ma che, in caso di fallimento, si deve dare la possibilità di un nuovo inizio. Solo i cattolici dicono che il matrimonio (segno dell'unione di Dio con l'umanità) resta, indipendentemente da quello che gli sposi fanno (gli anglicani parlano di rottura irreparabile, gli ortodossi di morte del matrimonio).
La chiesa del primo millennio però agiva come agiscono ora le chiese non cattoliche. Le posizioni come quelle attuali della chiesa cattolica venivano condannate come estremiste.
Mentre Novaziano, prete di Roma nel 250, sosteneva che esistevano peccati che non si potevano assolvere (apostasia, omicidio e adulterio) la grande chiesa invece sosteneva la possibilità di assolvere questi peccati, quindi anche l'adulterio. Per adulterio si riteneva allora il ripudiare la propria moglie e sposarne un'altra.
Oggi invece la chiesa cattolica dice che è possibile assolvere purché si ritorni al primo coniuge. Nella primitiva chiesa coloro che erano venuti meno al proprio patto matrimoniale, venivano esclusi dalla comunione, facevano una penitenza pubblica e dopo un anno venivano assolti e restavano con il nuovo coniuge.
Se la chiesa cattolica vuole ristabilire la comunione con le altre chiese anche su questo punto, l'unica soluzione è tornare a quello che era la prassi nel primo millennio.
ordinazione delle donne
Grazie all'evoluzione della condizione femminile, le chiese meno legate alla tradizione o al passato, come le battiste e le evangeliche, hanno introdotto l'ordinazione delle donne al ministero pastorale. Anche gli anglicani sono avviati su questa strada. Ortodossi e cattolici, più legati alla tradizione, dicono che non potranno mai ordinare delle donne.
Per quali motivi le donne non sono state ordinate? Tutti i manuali di teologia fino agli anni sessanta hanno affermato che la donna non può essere ordinata perché è in uno stato di soggezione (non venivano ordinati gli schiavi, gli indios e le donne). Adesso sono ordinati gli schiavi e gli indios ma le donne no.
Oggi non si osa più addurre questo motivo e si afferma che la donna non può essere ordinata perché solo l'uomo è immagine di Cristo. Queste motivazioni non sono mai state dette in passato. Inoltre l'affermazione che solo l'uomo è immagine di Cristo è molto discutibile: come il primo Adamo comprende Adamo ed Eva così il nuovo Adamo, Cristo, comprende Adamo ed Eva; se Cristo ha salvato gli uomini e le donne allora vuol dire che Cristo rappresenta tutta l'umanità.
L'ecumenismo fatto seriamente significa mettersi in discussione alla luce dell'Evangelo, alla luce delle esigenze dell'uomo contemporaneo, nel dialogo con tutti, nel rinnovamento da parte di tutti.

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