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Il matrimonio nella Parola di Dio

sintesi della relazione di Giuseppe Barbaglio
Verbania Pallanza, 18 aprile 1975

Il titolo più adatto sarebbe: "il matrimonio in alcuni testi biblici". Non si presenterà infatti una sintesi della concezione del matrimonio presente nella bibbia, troppo vasta per il tempo a disposizione. Mi limiterò a due testi celebri e particolarmente significativi, uno dell'Antico Testamento, il secondo capitolo di Genesi, e uno del Nuovo, la Lettera agli Efesini, in cui si parla del matrimonio in prospettiva cristiana, in un testo indirizzato da Paolo ai cristiani dell'Asia Minore.

1. Genesi 2, 18-25

E' un testo molto noto:
"Il Signore Dio disse: non è bene che l'uomo (in questo caso vuole dire l'uomo maschio) sia solo, bisogna che io faccia per lui un aiuto, che gli sia confacente". L'espressione originale ebraica vuol dire "un aiuto che sia davanti alla sua faccia". "Il Signore Dio allora modellò ancora dal suolo della terra le bestie selvagge e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo maschio, per vedere come egli li avrebbe chiamati". Dare il nome significa "prendere possesso", esercitare un dominio. L'uomo domina nel mondo, e ciascuno deve portare il nome stabilito dall'uomo. "L'uomo diede dei nomi a tutte le bestie, agli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvagge, ma lui stesso non trovò tra gli animali nessuno che gli fosse confacente, che gli fosse adatto, che fosse "alla sua faccia". Allora il Signore Dio fece cadere un profondo sonno sull'uomo, che si addormentò. Prese una delle sue costole e richiuse la carne al suo posto. Dalla costola che aveva preso dall'uomo, il Signore Dio formò una donna e la condusse all'uomo, all'uomo maschio. Allora costui gridò di gioia: "è proprio l'osso delle mie ossa, è la carne della mia carne". E' un'espressione idiomatica, caratteristica, per indicare un legame di consanguineità. "E' la mia parente, è la mia consanguinea. Essa si chiamerà donna, Ishsha, perché è stata tratta dall'uomo, Ish". "Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre, e si unirà alla sua donna; ed essi diventeranno una sola carne, cioè un solo essere".
Questo testo famoso può anche apparire ingenuo, come nel racconto della costola, ma racchiude una prospettiva antropologica, una visione dell'uomo, molto interessante

un racconto eziologico: carattere originario dell'unione uomo-donna

Questo testo si può ritenere un testo eziologico. L'eziologia è un genere letterario per mezzo del quale si cerca di dare delle spiegazioni a dei fatti dell'esperienza con un racconto. Il fatto di cui il popolo di Israele cercava una spiegazione era l'esperienza presente nella vita di ogni uomo della forza propulsiva di potente attrazione che spingeva l'uomo e la donna ad unirsi anche sessualmente. Questi racconti sulle origini sono un tentativo di spiegazione, una spiegazione anche di tipo mitologico. Originariamente l'uomo è un essere unito, quasi un ermafrodita originario, (se la donna è tratta dall'uomo, già c'è), che, una volta separato, tende a riunirsi. Oggi la nostra cultura non accetta queste spiegazioni, di un essere umano androgino, bisessuale, che, staccato, cerca di riunirsi. Ciò che è interessante e che permane valido è la visione dell'uomo sottostante il racconto, la visione antropologica.
Israele ha una concezione profonda del carattere primario dell'unione tra l'uomo e la donna. L'unione tra uomo e donna cioè non è solo un fatto culturale, tipico di una cultura piuttosto che un'altra, legato a un certo spazio e a un certo tempo.
Quando Israele afferma che all'inizio uomo e donna erano uniti sta a significare che l'unione è un fatto originario, primario, un fatto che va al di là delle differenze culturali, delle differenze locali, delle differenze temporali, che accompagna l'uomo per sempre. L'unione tra l'uomo e la donna è un'unione che scaturisce dal loro essere.

un'unione dialogica

Ma al di là di questi schemi culturali e del loro significato, importante e decisivo è il tipo di unione che viene presentato. Questa unione, come abbiamo visto, necessaria perchè l'uomo si costituisca, è un'unione soprattutto dialogica.
L'Adamo originario, nel giardino, quando ha ancora in sé l'elemento femminile, non trova un interlocutore tra gli animali. Non si tratta di una cosa scontata. Nella cultura mesopotamica, l'uomo primitivo era felicissimo di stare con le gazzelle, assieme alle quali correva nella foresta e si recava all'abbeveratoio. Cioè il mito orientale, babilonese, non differenziava in termini chiari il mondo umano dal mondo animale. Enkidu stava colle bestie e si trovava bene. Nella Bibbia c'è una reazione alla mentalità che confonde i due mondi, e li separa nettamente: l'uomo non trova nelle cose, non trova negli animali, un interlocutore, di cui ha bisogno. L'uomo si trova solo nel mondo animale e ha bisogno di un interlocutore. La donna nasce come interlocutrice necessaria dell'uomo.
Occorre comunque osservare che la cultura del tempo è maschile (la donna non è originaria), e anche Israele è debitrice di questa cultura. E' bene fare attenzione a questo aspetto perché l'elemento culturale non è il messaggio. Il messaggio è nella prospettiva antropologica e cioè che l'incontro uomo-donna è un incontro paritetico - sono consanguinei - e dialogico - sono persone che si parlano. Il matrimonio nasce sulla base di due persone che si incontrano pariteticamente e si parlano. Il matrimonio è un fatto di linguaggio, linguaggio di due persone che si comunicano, che si guardano, che si aprono, che conoscono l'una il segreto dell'altra senza remore e limiti.
Ecco perchè il matrimonio è un fatto di radicale linguaggio e radicale comunicazione e l'unione, che si consuma nell'unione sessuale, è un'unione di comunicazione profonda di persone. Diremmo oggi, debitori di una cultura interpersonalistica, che il matrimonio è un fatto interpersonale, di profonda partecipazione.
Sia pure nella cultura maschile del tempo, il fatto che l'uomo dà il nome alla donna può essere inteso nel senso che solo nel rapporto reciproco ciascuno prende coscienza della sua identità. L'uomo fa scaturire nella donna, nell'incontro altamente personale, la coscienza profonda, più certa e più sicura di sé, e la donna, a sua volta, fa nascere nell'uomo questa coscienza vera, profonda, radicale della sua identità. Ecco, ciascuno dà il nome, cioè ciascuno dà all'altro la sua identità, la sua verità personale.
Dietro questo racconto popolare, di carattere mitologico, impregnato di cultura maschile si nasconde una profonda percezione del rapporto uomo-donna. L'incontro uomo-donna nel matrimonio è un incontro di due persone che si parlano, e la parola scambiata fa scaturire nell'altro la sua verità, una verità che mai si riuscirebbe a cogliere senza l'appello del/della compagno/a. I due nell'unione, nell'incontro profondo, nella parola, nel linguaggio raggiungono ciascuno il proprio io, la propria identità. E da questo punto di vista si capisce la conclusione: perciò lasceranno l'ambito della famiglia d'origine, l'ambito in cui è iniziata la presa di coscienza di sé, e si trasferiranno in un nuovo ambito: lascerà il padre e la madre e si unirà alla sua donna. Così i due si uniranno e saranno un solo essere in profonda comunione.
Israele ha capito che al di là della forma istituzionale, al di là dell'istituzione matrimoniale dei due che abbandonano il primo ambiente di origine per dar luogo ad una nuova famiglia, c'è la realtà della comunicazione, del linguaggio per cui l'uomo e la donna nell'incontro si chiamano l'un l'altro e così raggiungono ciascuno a motivo dell'altro la propria vera identità. La verità del matrimonio sta in questo incontro interpersonalistico, sta in questo linguaggio.
Quando uno non riesce più a dire il nome dell'altro, la verità dell'altro, revocando così l'identità dell'altro, allora il matrimonio è solo un pugno di cenere, è solo una struttura esterna, è solo uno scheletro. Si può tenere in piedi la facciata, ma manca tutto quello che è la sostanza di vita del matrimonio, che è il linguaggio, che è comunicazione, che è dire ciascuno il nome dell'altro.

2. Lettera agli Efesini 5, 21-33

Anche il testo della Lettera agli Efesini è famosissimo, utilizzato spesso nelle letture liturgiche delle messe nuziali.
Efesini 5, 21ss è un testo esortativo, è una predica che Paolo rivolge alle sue comunità cristiane:
"Per il timore reverenziale che avete verso Cristo siate sottomessi gli uni agli altri" - è un'esortazione generale, e prosegue al versetto 22: "Le mogli siano sottomesse ai loro mariti, come al Signore" e indica i motivi: "poiché il marito è capo della moglie, come Cristo è capo della Chiesa, anzi egli è il Salvatore della chiesa che è il corpo. Ebbene, come la chiesa si sottomette a Cristo" - è obbediente all'indicazione, alla parola, alla guida di Cristo - "così anche le mogli siano sottomesse in tutto ai loro mariti" (mi sa che i mariti stanno gongolando). Poi viene la parte che riguarda i mariti: "E voi mariti, amate le vostre mogli" - non dice siate sottomessi, dice "amate" le vostre mogli - "come Cristo ha amato la Chiesa" - e come?: "fino a dare se stesso per lei. E tutto questo lo ha fatto per renderla santa mediante il bagno di purificazione - questo è il sacramento del battesimo - che si attua nell'acqua e con la forza della parola. In tal modo ha potuto farsi comparire davanti una chiesa piena di splendore senza macchia, né ruga, né difetti, ma santa e immacolata. Allo stesso modo - cioè come Cristo che si è consegnato alla morte per crearsi una chiesa bella e giovane - anche i mariti devono amare le loro mogli come amano il proprio corpo. Infatti chi ama la propria moglie ama se stesso. D'altra parte nessuno ha mai odiato il proprio corpo, al contrario lo nutre e lo cura, come Cristo fa con la chiesa, perché è il suo corpo del quale siamo le membra. Perciò - come dice la Scrittura - l'uomo lascerà suo padre e sua madre - il testo della Genesi prima commentato - e si unirà alla sua donna, e i due formeranno una sola carne". E aggiunge: "Qui è racchiusa una profonda e misteriosa realtà. Io da parte mia la riferisco a Cristo e alla chiesa. In ogni caso ciascuno personalmente ami la propria moglie come se stesso e la moglie rispetti il proprio marito."
Si prova un certo disagio oggi nel leggere questo testo dato che la donna viene chiaramente presentata in termini di inferiorità. L'uomo è capo, ed essere capo vuol dire affermarne
la superiorità. Si tratta evidentemente di un elemento culturale. A quei tempi era impensabile una parità assoluta tra uomo e donna. La cultura del tempo era una cultura maschile, della superiorità dell'uomo, e anche Paolo non poteva fare a meno di condividere queste evidenze culturali del tempo. Guai se noi dovessimo prendere da questo testo biblico tale elemento culturale ed erigerlo a messaggio cristiano. Noi oggi siamo lontani da questa cultura e non bisogna riprenderla.
L'esortazione di Paolo suona in realtà in questi termini: voi, o mogli, amate i vostri mariti e voi, mariti, amate le vostre mogli. Non vuol dire altro.
In questo testo ci sono tre elementi.

un amore oblativo

Innanzitutto l'esortazione. E' una predica anche moralistica, un'esortazione agli sposi cristiani ad amarsi. E' una esortazione all'amore. Il termine usato è "agape", dal verbo "agapao". Non indica un amore qualsiasi, qualsiasi attrattiva, ma è amore soprattutto di donazione, come vedremo. Se Paolo si fosse limitato a fare questa predica sul matrimonio come amore tra marito e moglie non avrebbe detto qualcosa di particolarmente originale o di speciale. Sennonché Paolo, questa esortazione morale, la riferisce all'esempio di Cristo: amate come Cristo ha amato. Allora tutto cambia in modo significativo. Non si tratta di un amore così generico, senza alcun confronto, ma è un amore specifico, un amore concreto, quell'amore che Cristo ha realizzato nella sua vita. Cristo, dice Paolo, si è consegnato alla morte per la Chiesa. Noi diremmo che è un amore così radicale che appartiene a quel tipo di amore per cui la persona che ama dà la vita, cioè un amore incondizionato. Non è un amore per cui si dà qualche cosa, ma è un amore per cui la persona sacrifica totalmente se stesso, un se stesso egoista e chiuso.
"Cristo si è consegnato" tra l'altro indica come il gesto di donazione di Cristo è un gesto libero: si è consegnato alla morte, per la Chiesa. La morte di Cristo, come gesto supremo di amore, viene presentata come modello, come punto di riferimento. In altre parole, Paolo dice agli sposati della sua comunità: io vi presento questo punto di riferimento per la vostra esperienza matrimoniale: l'amore di Cristo che si dona alla morte. Quindi è un amore oblativo, che dà completamente se stesso.

un amore creativo

La seconda caratteristica risiede nel fatto che Cristo si è donato alla morte per la chiesa per farla nascere. Cristo sulla croce ha fatto nascere la chiesa come sua sposa, come sposa bella. L'amore di Cristo è creativo. Cristo non trova la sua chiesa per strada, ma la costruisce. Cristo, nella morte, nel gesto di donazione estrema, si crea la sua sposa. Quindi l'amore che gli sposi cristiani hanno come modello non è solo un amore oblativo fino alla morte, oblativo senza limiti, ma è un amore creativo.
La dimensione della creatività nell'incontro uomo-donna era già emersa dal testo della Genesi, dove ciascuno dice il nome dell'altro, l'identità, la verità dell'altro e in questo modo trova se stesso.
In Efesini ancora più radicalmente si parla di questo amore creativo. L'incontro uomo-donna fa maturare, fa crescere le due persone, è un amore creativo l'uno per l'altro, per la identità vera dell'altro. Da questo punto di vista il presupposto è che le due persone che si incontrano non sono persone belle e fatte, complete, finite, ma sono persone in divenire. Il matrimonio è possibilità di essere, di essere nell'autenticità, nella verità. Solo l'incontro con l'altro fa sì che le persone crescano, maturino, diventino persone, diventino adulte.

un amore di testimonianza

Le coppie cristiane proprio perchè credono all'amore oblativo e creativo di Cristo, sono impegnate a verificare nel loro mutuo incontro, l'amore oblativo fino alla morte, l'amore creativo radicale.
Paolo però indica un altro punto alla fine del testo, quando richiama il brano della Genesi, che parla dell'uomo e della donna che si uniscono profondamente, nell'unione completa di comunicazione, di linguaggio, di comunicazione profonda, fino ad essere una sola carne, un solo essere.
Paolo sostiene che Adamo ed Eva rappresentano tutte le coppie e che questa unione è una realtà misteriosa, è un grande mistero. Mistero non vuol dire solo realtà nascosta, ma realtà talmente ricca che va al di là di quello che vediamo. Quello che vediamo è l'unione tra l'uomo e la donna e la realtà nascosta è l'unione tra Cristo e la chiesa, che lui ha amato sino al dono della vita. Quindi il rapporto tra Cristo e la chiesa non è solo il modello o il punto di riferimento a cui ispirarsi e su cui misurarsi, ma è nascosto, significato, simboleggiato, rivelato in qualche modo dall'unione dell'uomo e della donna nel matrimonio.
L'incontro uomo-donna è soprattutto un incontro nella fede in Cristo che si é sacrificato. Questo incontro di unione profonda, di unione dialogica, di amore oblativo, di amore creativo diventa una testimonianza su Cristo.
In altre parole, come facciamo a persuaderci che Cristo ha amato la Chiesa fino a morire? Certamente ce lo raccontano i vangeli, ma sono racconti di testimoni lontani nel tempo e messi per iscritto. Si stenta a crederci. Ecco allora che l'uomo e la donna che credono in Cristo e si amano di un amore dialogico, creativo, oblativo, mi rendono vivo e presente il gesto di amore di Cristo.
Io posso cogliere il gesto vivo, palpitante, impressionante di amore di Cristo verso di noi, verso la chiesa, non solo in una relazione scritta, ma nel vissuto dell'incontro uomo-donna che credono in Cristo.
L'amore tra uomo e donna, all'interno di un orizzonte di fede, ha un carattere di testimonianza, un carattere missionario. Cioè l'uomo e la donna che credono in Cristo, nella misura in cui si amano, con quello stesso amore di Cristo, oblativo e creativo, mi rendono presente la realtà di Cristo che si sacrifica sulla croce.
Quindi non abbiamo solo un'esortazione ad amare come Cristo ma ad essere testimoni vivi di questo amore nell'esperienza matrimoniale, nell'incontro di tipo dialogico, oblativo, creativo. E quindi l'uomo e la donna che si uniscono secondo questo orizzonte diventano i segni viventi nella chiesa dell'amore di Cristo.
All'interno della chiesa e nel mondo, l'uomo e la donna che si uniscono costituiscono dei segni di credibilità, rendono credibile l'amore di Cristo. Renderlo credibile vuol dire fare sparire lo scetticismo, fare sparire la rassegnazione nei rapporti tra gli uomini, fare sparire l'atteggiamento rinunciatario di fronte all'impegno di costruire rapporti dialogici, oblativi e creativi. Abbiamo bisogno di queste testimonianze che ci possono convincere profondamente, che si può amare come Cristo ha amato, che ci si può incontrare dicendo l'uno all'altro il proprio nome, che ci si può sacrificare l'uno per l'altro, che si può essere creativi l'uno dell'altro. L'uomo e la donna che credono hanno il compito di infondere fiducia nell'amore di Cristo. Credere nell'amore di Cristo vuol dire credere che l'amore di Cristo è vivibile, è sperimentabile, è realizzabile, è una realtà alla nostra portata. Non bastano le parole per questo.
Nella chiesa e nel mondo, se spariscono le testimonianze vive, sparisce la fede nell'amore di Cristo. Rimarrà la notizia, ma come di una realtà passata, irrealistica nell'oggi. Marito e moglie, uomo e donna, che credono, devono testimoniare alla chiesa e al mondo che la cosa più importante è l'amore, e non il danaro, il possesso, la forza, il privilegio.
Posso riassumere tutto quello che abbiamo visto del matrimonio nei testi che abbiamo esaminato, in queste tre dimensioni:
1. la dimensione dialogica del matrimonio. Il matrimonio è quella realtà per cui l'uomo dice il nome della sua donna, e la donna dice il nome del suo uomo, e l'uomo riesce a cogliere il suo nome solo se lo dice la sua donna, e viceversa. L'uomo e la donna riescono a raggiungere il loro vero nome solo in questa grande realtà di linguaggio e di comunicazione.
2. il matrimonio è una prospettiva di unione agapica. Nel matrimonio non solo ciascuna delle due persone dice il nome dell'altra, e scopre l'identità dell'altra, ma dona il suo amore, sé stesso, all'altro, e viceversa, come Cristo ha amato. Nella donazione si scambiano il nome, si scambiano se stessi. L'amore agapico non è un'ideologia ma fa riferimento alla persona concreta di Cristo. L'uomo e la donna nella fede sono chiamati a verificare dentro la loro vita l'amore agapico, oblativo e creativo.
3. la dimensione di propaganda per la fede nell'amore. Ho l'impressione che crescano tante fedi in questo nostro mondo, la fede nel danaro, la fede nel successo, la fede nei beni di consumo, mentre diminuisce sino a ridursi a un lumicino la fede nell'amore agapico, nell'amore oblativo, nell'amore creativo dell'altro. E' importante che questo lumicino non si spenga nel mondo, nella società, nei rapporti umani. E' importante che non si spenga la fede nella possibilità di costruire rapporti umani caratterizzati dall'amore e dal disinteresse, sull'esempio di Cristo, e non solo rapporti di sfruttamento, di oppressione, di ingiustizia, di manipolazione.
Tutto quello che abbiamo visto dell'amore nel Cantico dei Cantici, nel precedente incontro, è vero, e resta. Ma tutta la realtà dell'amore contemplativo della bellezza dell'altro, dell'amore erotico, estatico, di ricerca, di unione viene assunta in orizzonti più ampi, più dilatati, nella dimensione dialogica, agapica, missionaria, nell'essere segno tangibile, credibile dell'amore oblativo e creativo di Cristo.

breve riassunto

1. - Genesi 2,18-25

Il testo di Gen 2,18-25 dà una risposta alla domanda che il popolo di Israele si poneva di fronte ad una esperienza che riguar dava la vita di ogni uomo, e cioè da dove scaturiva la forza pro pulsiva che spingeva l'uomo e la donna ad unirsi.
Originariamente, dice il racconto della Genesi, l'uomo era un essere unito, che fu separato (la donna è tratta dall'uomo) e che tende a riunirsi.
Sotto lo schema culturale, oggi inaccettabile, è presente una prospettiva antropologica molto interessante.
L'unione tra l'uomo e la donna ha un carattere originario, non è un fatto puramente culturale. E' un'unione che accompagna l'uomo permanentemente, che scaturisce dal suo stesso essere.
Nel testo biblico, che si differenzia dalla cultura mesopotamica del tempo, l'uomo non trova negli animali un interlocutore valido. La donna nasce come interlocutrice necessaria dell'uomo. L'unione uomo-donna è presentata come un fatto di linguaggio, di comunicazione. L'uomo dà il nome alla donna: solo nel rapporto reciproco ciascuno prende coscienza della propria identità, della propria verità profonda.

2. - Lettera agli Efesini 5,21-33.

E' un testo esortativo che Paolo rivolge alle comunità cristiane. La donna viene esplicitamente presentata in termini di inferiorità. E' questo un tributo che Paolo paga alla cultura, del suo tempo. Occorre però saper cogliere sotto i dati culturali l'intenzione profonda del testo.
a) un amore oblativo.
Paolo esorta i coniugi ad amarsi sull'esempio dell'amore che Cristo ha avuto per la Chiesa.
Cristo si é consegnato alla morte. E' un amore così radicale e incondizionato che la persona che ama dà la vita. Ed è un amore libero: Cristo "si" è consegnato alla morte per la Chiesa.
b) un amore creativo.
L'amore di Cristo è creativo: Cristo si è consegnato alla morte per la Chiesa, per formare la Chiesa, come propria sposa giovane e bella. L'incontro uomo-donna è un incontro creativo l'uno dell'altro, creativo dell'identità dei due. Le due persone che si incontrano non sono persone già fatte, ma persone da farsi.
e) un amore di testimonianza.
Paolo afferma, richiamandosi al testo della Genesi, che l'unione tra uomo e donna è una realtà misteriosa, simbolica.
L'amore oblativo e creativo che Cristo ha avuto per la Chiesa non solo è presentata come modello su cui la coppia deve misurarsi. L'unione uomo-donna nella fede in Cristo è un simbolo, una parola, una testimonianza su Cristo, rende vivo e presente, visibile il gesto di amore di Cristo verso la Chiesa.

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