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Cristo nella realtà socio-politica del suo tempo

sintesi della relazione di Giuseppe Barbaglio
Verbania Pallanza, 26 gennaio 1973

Si tratta di un tema di recente acquisizione e quindi molto aperto.

I.

Gesù si impegna nella situazione politica del suo tempo, che vede la dominazione straniera dei romani e del re Erode, ma in maniera non facilmente definibile dalle nostre categorie: non si rifiuta di pagare le tasse, asserisce di dare a Cesare quel che è di Cesare, ma vuole che si imiti lui e non i capi di questo mondo che tiranneggiano (Mc 10,42-45). Nel Getsemani non si ribella, sfugge la folla che lo vuol far re, ma i romani lo condannano come agitatore politico.
Gesù si rapporta in vario modo con le forze popolari del suo tempo:
1. Sadducei: erano la classe elevata, conservatrice, docile ai romani, dominavano la politica e la religione. Sempre in contrasto con Cristo, che vedevano come pericolo pubblico, in quanto sovvertiva l'ordine costituito (tempio, culto, ecc...) per un nuovo ordine (Regno di Dio).
2. Zeloti: erano un gruppo ristretto, ma compatto ed accanito, con tre tesi fondamentali: a) rinnovamento radicale della società e del culto; b) insurrezione armata contro i romani; c) instaurare un nuovo Regno di Dio. Tendevano all'azione di forza, anche terroristica (i "Sicari"). Il programma di Cristo collimava idealmente con quello zelota. Nel suo gruppo almeno uno, Simone, era sicuramente zelota (forse anche Pietro e Giuda Iscariota). Non ha mai attaccato gli zeloti, però li critica nella sua predicazione ("amate i vostri nemici") e nel rifiuto alla grande tentazione del potere politico (tentazione nel deserto e la folla che lo vuole far re).
3. Farisei: movimento con vasto consenso popolare. Osservanti rigorosi della legge, erano però innovatori. Cristo: "Fate quello che dicono, ma non quello che fanno"; condivide quindi la base ideologica, ma ne contesta la prassi, l'ipocrisia, il legalismo: "non è l'uomo per la legge, ma la legge per l'uomo".
4. Il popolo: pur essendo un "maestro" familiarizza col popolo, col mondo femminile (inconcepibile per gli altri "rabbi"). Frequenta anche i "pubblicani", appaltatori di tasse e quindi collaborazionisti col governo romano (Matteo è pubblicano). Non ha paura di contaminarsi con i pubblicani e con i peccatori. Di fronte ai ricchi c'è una violenta denuncia ("guai a voi, ricchi"... parabola del ricco epulone, ecc...), però non li esclude, li frequenta, banchetta con loro. Atteggiamento quindi originale e libero.
5. Attesa messianica: vi erano varie correnti in questa attesa generale regale, profetica, sacerdotale: però l'opinione pubblica sperava in un re che afferrasse il potere politico contro i dominatori.
Cristo non si è mai identificato con l'ideale dominante di Messia, ma nello stesso tempo non ha mai negato di essere il Messia. Sembra quindi un dato accertato che Cristo non volle essere un rivoluzionario, instauratore di un suo personale potere politico alternativo, ma si riserva sempre l'indipendenza e la possibilità di contestare la situazione politica del suo tempo.

II.

La prospettiva originale del Cristo è quella del Regno di Dio, intesa in modo personale (non per es. quello degli zeloti) nel quale si impernia tutta la sua dottrina. Analizziamo:
1. Regno di Dio è una realtà nuovissima rispetto alla situazione; è un'alternativa, ma non allo stesso livello di quella tecnico-politica. Preso da questa alternativa Cristo ha contestato radicalmente l'ordine costituito che per lui doveva finire.
2. Regno di Dio significa la regalità di Dio nella storia; non è questione di territorio o di dominio politico. Regalità intesa come istanza suprema di giustizia: il re nell'Antico Testamento è visto proprio come il difensore dei deboli, degli oppressi, dei soli. Beati quindi i poveri, perché il Regno di Dio farà loro giustizia. Il mondo, che deve lasciare il posto al Regno, è quello pieno di ingiustizie e di ipocrisie.
3. Cristo ha annunciato questo Regno come una realtà che viene in questo mondo. "Regno dei cieli" è un'espressione per designare il Regno di Dio, ma non significa affatto "Regno che sta nei cieli", perché il Regno di Dio deve venire e realizzarsi in questo mondo.
4. Il Regno di Dio è alle porte, interessa il nostro "oggi": non deve essere un'evasione dal reale, ma una possibilità nuova non rimandabile.
5. Gesù non si è limitato ad annunciare, ma ha operato perché il Regno si realizzasse. Per es.: i miracoli sono come la banidera, il segno dell'avvento del nuovo regno ("Se scaccio i demoni con la potenza di Dio è segno che il Regno di Dio è tra voi"). Ha sdemonizzato il mondo, ha reso la libertà da tutta una serie di condizionamenti. Quindi il Regno è realizzabile, si può costruire veramente, non è un'assurdità.
6. Cristo per il Regno muore; muore perché ha operato fino in fondo per questa alternativa, non tirandosi mai indietro.
7. Cristo chiama alla conversione, alla fede che il Regno è possibile, che il mondo non è dominato dal male. La fede è un appello a non arrendersi mai.

Quindi il Regno di Dio è un'alternativa di principio rispetto alle singole situazioni e proposte tecnico-politiche; è una speranza come forza operativa della storia, che lascia spazio all'inventiva cristiana, sempre capace di collaborare alle singole soluzioni, senza disperdere e rinunziare alla libertà radicale del Regno di Dio.

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