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Tra desiderio e responsabilità: oltre la "cultura individualistica dei diritti privati"

sintesi della relazione di Armido Rizzi
Verbania Pallanza, 15 gennaio 2000

In un discorso pronunciato a S.Ambrogio nel 1997, il cardinal Martini evidenziava una convergenza, una radice comune ai progressisti e ai conservatori: l'individualismo o "le ragioni non sindacabili dell'individuo". Come si è passati dalla centralità dell'individuo, elemento comune di tutta la civiltà cristiana occidentale, alla rivendicazione delle ragioni insindacabili dell'individuo?

dalla centralità dell'individuo all'individualismo.

Ci sono stati due elementi costitutivi di questo passaggio:
l'autoreferenzialità. L'individuo è al centro ed è il fine di tutto. Tutto (pensiero, azione, relazioni) è momento della costruzione, della realizzazione, della gratificazione di me stesso.
la soggettivizzazione. E' il primato del vissuto, è la mancanza di capacità di discernimento tra bisogni validi e bisogni arbitrari (tra fame e capriccio). Ogni vissuto e quindi ogni desiderio è percepito come degno di essere soddisfatto.

tre fili del tessuto dell'individualismo

Sta sorgendo un uomo inedito, costituito da alcuni elementi che si intrecciano oggi in modo nuovo: la felicità, il diritto e il potere.

1. la felicità o la ricerca della felicità.
Oggi abbiamo la possibilità di fruire di oggetti in misura del tutto nuova e impensabile solo alcuni anni fa. Dal cellulare, al computer, al videoregistratore. Tutto questo influenza un nuovo modo di percepire se stessi e la realtà. Non è solo, però, un sentimento di liberazione dalla impossibilità di fare qualcosa dovuto alla mancanza di mezzi, ma anche una liberazione da sbarre interiori, ad esempio, nel libero esercizio della sessualità. E' una liberazione da un orizzonte di senso dato e da raggiungere e secondo il quale configurarsi. Ognuno produce individualmente il proprio senso in base agli innumerevoli oggetti che ha a disposizione e che possiede con sempre maggiore voracità. La ricerca del superfluo e la sua fruizione vengono ritenute fonte di godimento: ognuno ha il diritto di vivere come vuole.
La ricerca della felicità è slegata da un qualcosa in cui riconoscere un criterio, una misura, un modello normativo.
In Grecia (Aristotele) la ricerca della felicità non era un obiettivo scelto dall'individuo fruibile immediatamente, ma era un modello generale, il quale, se raggiunto, dava anche gratificazione e piacere. Per Aristotele la felicità era lo sviluppo della parte più elevata dell'uomo secondo le virtù etiche (l'esistenza politica) o le virtù dianoetiche (la contemplazione). La felicità non era il piacere, ma la coscienza di essere un uomo realizzato.
Anche nella visione ebraica la felicità coincide con la riuscita globale, con il vivere e ricercare la giustizia, secondo le attese che Dio ha su ogni uomo. La felicità si inscrive dentro un orizzonte di senso dato, ontologico, non è totalmente soggettivizzata.
Questo orizzonte di senso dato viene mantenuto anche nella prima fase della secolarizzazione, che mette da parte Dio, ma non il senso della storia che va verso la realizzazione dell'uomo felice e che richiede la nostra collaborazione.
E' il post-moderno che rigetta l'orizzonte di senso dato e da raggiungere, che si libera dalla sua dimensione normativa. E' ciò che esprime il motto del '68: "coito ergo sum". Faccio l'amore dunque sono: è il trionfo della soggettivizzazione.

2. i diritti.
La rivoluzione francese, con la dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, ha operato un profondo cambiamento. Fino ad allora l'individuo era stato visto soprattutto come un soggetto di doveri, che veniva definito dal suo dover essere, dalle sue relazioni con gli altri, adesso l'individuo è colto come soggetto di diritti. E poiché ognuno è soggetto di diritti, ognuno esplica i propri diritti a patto che consenta agli altri l'esplicazione pacifica dei propri. Il senso della legge e dello stato è proprio quello di tracciare delle linee che impediscano di nuocere agli altri
Non viene annullata la dimensione del dovere essere, ma rimane solo come conseguenza del fatto che ognuno è soggetto di diritti (dover essere: non invadere il campo dell'esplicazione dei diritti altrui).
Sino ad oggi ha tenuto questa combinazione tra individualismo e universalità (ognuno è soggetto di diritti).
Certamente c'è stata una lunga marcia dei diritti dell'uomo, come diceva padre Balducci, un loro allargarsi a soggetti sempre più numerosi e un'attenzione maggiore ai bisogni di tutti. Ma c'è stata anche un'altra marcia, quella della loro soggettivizzazione: i diritti dell'uomo in quanto diritti del soggetto che sono "io"; o meglio non più i diritti dell'io che sono in me, ma i "miei" diritti, i miei sacrosanti diritti.
Così la ricerca della felicità, di cui si parlava al primo punto, la ricerca della mia gratificazione, diventa rivendicazione di poterla perseguire senza che nessuno possa intralciarmi la strada, a meno che non intralci quella degli altri. (Il soggettivo della ricerca della felicità, della realizzazione del mio progetto diventa il mio sacrosanto diritto).

3. il potere.
Il potere è inteso nel senso generale dell'essere capace di. Nel passato era la natura la grande detentrice del potere, sia come madre, fonte di vita, sia come matrigna, fonte di morte. Il potere di vita e di morte suscitava sentimenti di devozione filiale o di timore e terrore.
La nascita della scienza moderna ha modificato profondamente le cose. Non ci si rapporta più alla natura, magari pregandola o assecondandone i ritmi, o contemplandola con stupore. La natura è vista come macchina misurabile e riproducibile. Ciò che conta è come funziona, in modo che io la possa riprodurre per i miei scopi. Dall'essere sottomessi alla natura ne si diventa dominatori: è il vero potere di base. Il sapere scientifico-tecnologico è il sapere che genera potere.
L'informatizzazione da una parte con il crescere dell'ambito del virtuale e la rivoluzione biotecnologica dall'altra, e il loro intreccio, hanno generato un potere inedito, messo a disposizione dei nostri desideri e bisogni. Nessuno, si ritiene , ha la possibilità di sindacare se io posso chiedere qualcosa che la scienza e la tecnica mi mettono a disposizione.
Questo soggetto che sta nascendo è rischioso (senza negare i risvolti positivi delle trasformazioni in corso). La problematicità emerge in particolare quando si considera l'intreccio dei tre elementi descritti: la felicità (è bene quello che io scelgo), rivendicata come diritto, con possibilità fino a ieri sconosciute.

la forza fragilissima del bene: riscoprire l'abc delle sapienze, delle culture, delle religioni.

C'è un nucleo dell'esperienza religiosa, c'è un tesoro di sapienza nelle culture che va ricuperato nei suoi contenuti fondamentali, e cioè la convinzione che esistere, essere in questo mondo, è essere a confronto con un'alterità con cui bisogna fare i conti: è la forza fragilissima del bene. E' una forza nel senso che pone degli imperativi che pretendono di essere assunti, ma fragilissima perché interpella delle libertà che possono dire di no.
Esistere è essere a confronto con un orizzonte di istanze, con le istanze del bene con cui bisogna fare i conti.
La progressiva individualizzazione dei diritti presenta aspetti inquietanti. Ciò che manca oggi non è tanto la qualità degli oggetti e la possibilità di fruirne, quanto la qualità del soggetto, tutto centrato su se stesso nella ricerca del profitto e del consumo.
Non ogni desiderio come tale è un diritto. Si sostiene invece che ciò che è desiderato va bene, purché non faccia del male ad altri. Ma che significa non fare del male ad altri e non fare quel bene che si potrebbe e dunque dovrebbe fare?
Di fronte alla nostra opulenza relativa e all'indigenza di gran parte dell'umanità, ognuno deve coniugare: so, posso, quindi devo. So la situazione scandalosa del mondo del modo altro. Posso, seppure evitando semplificazioni, fare qualcosa. Dunque, devo. Di fronte alla negatività degli altri, anche noi non stiamo troppo bene. "Gli altri hanno bisogno di pane, noi abbiamo bisogno di senso, ma noi ritroveremo il senso solo aiutando gli altri ad avere il pane".

1. una definizione "altra" di individuo: soggetto di doveri verso gli altri e soggetto di diritti in quanto portatore di bisogni.

Io sono colui o colei che si prende cura di (I care). L'uomo non è né l'individuo come una parte del cosmo, né l'individuo individualista autoreferenziale, ma l'individuo che si definisce dal prendersi cura, dal farsi carico di, dal suo essere responsabile.
La libertà non è semplicemente libertà "da". Al fondo anche la liberazione "da" ha senso in quanto orientata verso un "per" che la qualifica. Si potrebbe definire come libertà solidale, cioè libertà il cui senso è il rapporto con gli altri, nell'assumersi cura, nell'avere sollecitudine per gli altri.
La definizione di libertà non è quella data dalla rivoluzione francese e bisogna deligittimare filosoficamente i diritti dell'uomo e del cittadino così come sono formulati dalla rivoluzione francese. Non è vero che la libertà è poter far tutto ciò che non nuoce agli altri. E' solo una definizione in negativo, dove l'altro è presente solo come limite alla mia libertà. Non è questa la definizione originaria di libertà. Anche per Kant la libertà è il positivo del rapporto con la legge morale, non semplicemente il non fare il male.
Sia nel campo dell'individualismo del profitto che in quello dell'individualismo dei desideri occorre un lavoro di educazione etica e filosofica.
Non siamo anzitutto soggetti di diritti, ma soggetti di dovere, di responsabilità, di prendersi cura degli altri.
Il prendersi cura poi implica anche un giudizio sulle istanze dell'altro, le cui rivendicazioni possono essere più o meno giuste (il bambino che piange perché affamato o perché fa i capricci). La libertà solidale fa una gerarchia nei bisogni dell'altro come nei propri.
L'altro è soggetto di diritto, come anch'io di fronte a lui, in quanto essere bisognoso (cosa diversa dal desiderante: ogni bisogno racchiude un desiderio, non ogni desiderio un bisogno autentico).
Inoltre il soggetto di diritto è il soggetto che ha il diritto di compiere il proprio dovere: ho il diritto di seguire la mia coscienza.

2. Dio è agape, "I care".

La riflessione esposta, presente al fondo di tutte le culture, è diventata più chiara lì dove un popolo ha sperimentato la propria elezione da parte di Dio, come elezione ad essere testimone e rappresentante del suo disegno e della sua volontà. Questo compito si è esteso anche alla comunità cristiana. E' vero che nel passato questo compito era inteso in termini di inglobamento e accorpamento di tutta l'umanità attraverso predicazione, conversione, sacramenti. Oggi si è consapevoli che lo spazio della salvezza è universale, che lo spirito del crocifisso risorto ha altre strade per raggiungere uomini e donne nel mondo. Il compito dei cristiani è quello di essere testimoni di questo Dio, capendo se stessi come libertà solidale, come libertà che si prende cura.
Questa comprensione è resa più facile grazie a un qualcosa in più che hanno, grazie al racconto, al testo sacro, che svela il senso ultimo della realtà e cioè che Dio è "I care", è colui che si prenda cura, e pertanto il prendersi cura diventa l'imperativodella nostra libertà.
L'esperienza più profonda di Dio è quella di colui che sveglia il cuore e chiama alla libertà del farsi carico di: "Svegliati o mio cuore, svegliatevi arpa e cetra, sveglierò l'aurora" (Salmo 108). Dio ci chiede di mettergli a disposizione una testa, dei piedi, delle mani che si facciano carico di... non vuole più entrare nella storia per fare miracoli.

3. coniugare responsabilità con felicità

Nello sforzo di dare mani all'assoluto possiamo coniugare l'io che si prende cura dell'altro e l'io che in questo modo è felice (per quanto è possibile in questo mondo), la responsabilità con il desiderio.
Quando ognuno si prende cura dell'altro, ognuno è soddisfatto nel suo bisogno: La felicità si realizza nella circolarità del mettersi ognuno l'altro sulle spalle.
Inoltre nel prendersi cura degli altri c'è sempre una testimonianza interiore di essere nella verità. Anche questa è una forma di pacificazione e gratificazione.

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